Lunedì 15 ottobre si è svolto un Consiglio Comunale fiume, il quarto della nuova Amministrazione, che ci ha tenuti impegnati dalle 18 a fin dopo la mezzanotte. Se da una parte la stanchezza si è fatta sentire dall’altra vuol dire che gli argomenti trattati sono stati interessanti e il dibattito approfondito. Al di là delle solite posizioni aprioristiche e ideologiche di qualcuno non abituato, quando era al potere, a discutere fattivamente dei problemi della città e dei cittadini, una differenza evidente con il quinquennio precedente è che il Consiglio Comunale è tornato ad essere il fulcro della vita politica cittadina e le commissioni consiliari, compresa la Conferenza dei capigruppo, lavorano in maniera propositiva nell’interesse della città.
Fin qui crediamo nessuno possa sostenere il contrario perché si tratta di un dato oggettivo. Noi di ViviamoIvrea diciamo da sempre, e per questo siamo stati più volte attaccati dai nostalgici della partitocrazia e dei privilegi di sistema, che per amministrare una città, soprattutto se piccola come la nostra, non servono certo bandiere o dogmi ideologici, ma pragmatismo, buona volontà, capacità di ascolto e di discussione e una buona dose di sano realismo.
Ognuno di noi ha avuto e può avere tutt’ora dei punti di riferimento che hanno contributo ad arricchirne il pensiero, il comportamento, il senso di appartenenza ad una comunità. Per chi, come me, ha avuto la fortuna di nascere e vivere ad Ivrea due sono le persone che maggiormente hanno influenzato la mia crescita morale e intellettuale: Adriano Olivetti e il Vescovo emerito Monsignor Luigi Bettazzi.
Olivetti ha sempre ispirato la mia attività di amministratore pubblico e la formazione più prettamente politica in quell’ottica di superamento dei partiti tradizionali che lui stesso vedeva già allora (parliamo della parte centrale del novecento) arrivati a fine corsa nelle sue elaborazioni teoriche. Scrive Giancarlo Bosetti su Reset: “L’ispirazione liberal-sociale dell’imprenditore di Ivrea contrastava l’egemonia della Dc a destra e del Pci a sinistra, con un’idea di autogoverno basato su piccole comunità, e collocava al centro della vita pubblica la capacità critica della persona-cittadino, non le grandi organizzazioni di parte”.
Se è abitudine dei media, o per lo meno di alcune tipologie di media, tenere sott’occhio e criticare a prescindere il potere costituito dovrebbe invece essere compito della politica e degli amministratori pubblici andare oltre la mera critica dell’avversario mettendo in campo anche una responsabile attività propositiva. E’ ovvio che a giovarsene sarebbero la collettività e il bene comune.
Perché questo non accade nella politica contemporanea nel mondo, non tutto, e in particolar modo in Italia? Per quanto riguarda i media perchè in larghissima maggioranza sono schierati e partigiani, spesso con mani e penne legate dall’editore di riferimento. Per quanto riguarda i politici perché è diventato di accezione comune il fatto che chi ha perso le elezioni e si trova in minoranza si deve “opporre” aprioristicamente a chi le elezioni le ha vinte indipendentemente dai contenuti e dal merito delle proposte presentate. Ovviamente questo vale sia per il livello nazionale che per quello locale ed è una delle caratteristiche peculiari dei partiti che il loro “essere di parte” lo manifestano già nell’etimo.