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Domenica, 30 Giugno 2019 21:52

Poteri forti

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Da un po’ di tempo a questa parte, verosimilmente dagli anni ottanta del secolo sorso, nelle analisi dei commentatori politici si legge della presenza, nel dibattito pubblico, di cosiddetti”poteri forti”. Come accade solitamente in Italia su questo tema si sono creati due schieramenti contrapposti: quelli che negano la loro esistenza e quelli che ritengono decidano le sorti del globo.

Probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo, ma proviamo a definire meglio il significato di questa locuzione. La letteratura in materia tende a suddividerli in tre ambiti: quelli che afferiscono a “gruppi d’interesse” (sindacati, associazioni, federazioni, ecc.), quelli che vengono definiti dei “contropoteri” (istituzioni sovranazionali come la Commissione o la Banca centrale europea, ma anche entità astratte come “i mercati”) ed infine la categoria più suggestiva e cioè quella di gruppi tendenzialmente segreti che agiscono nel torbido sviluppando trame oscure e inconfessabili (società segrete, club Bilderberg e via discorrendo). Al di là delle categorizzazioni teoriche ciò che ci interessa rimarcare dal punto di vista della nostra attività politica, prettamente locale, è la caratteristica che accomuna tutti questi poteri e cioè quella di poter/voler influenzare e condizionare le iniziative del potere costituito, e cioè delle maggioranze che governano in un dato momento, per preservare interessi economici privati consolidatisi nel tempo. Tutto questo ovviamente al di fuori del vaglio dell’elettorato il che mette fortemente in crisi, al di là della bontà o meno di questi poteri “paralleli”, il pieno e regolare realizzarsi della forma democratica di tipo rappresentativo, scelta in Italia dalla Costituzione repubblicana.
Questo indebolimento dell’architettura istituzionale delle democrazie moderne purtroppo è un’evidenza che va ben oltre le generiche, quanto semplicistiche, accuse di complottismo rivolte a chi tenta di far emergere una realtà oggettiva che andrebbe affrontata con responsabilità e totale trasparenza; valori questi che ormai paiono usciti da una minima base deontologica della Pubblica Amministrazione. Esulando da complesse analisi politologiche e scendendo in un più banale contesto quotidiano possiamo riscontrare come molte delle decisioni che vengono oggi prese dalla politica sembrano sempre più derivare da contesti esterni alle sedi istituzionali e questo non è certamente un bel segnale.
Uno dei temi del momento, riconducibile a questo filone, è quello delle concessioni autostradali che hanno arricchito alcuni gruppi imprenditoriali privati, pochi, che hanno realizzato profitti da capogiro derivanti anche dalla mancata o scarsa attuazione delle condizioni stabilite dalle concessioni stesse, in primo luogo quelle sull’efficientamento, l’ammodernamento e la sicurezza delle infrastrutture gestite. A livello nazionale stiamo parlando di un fatturato nel 2016 di 6,89 miliardi di euro con un risultato operativo di 2,58 miliardi di euro e un utile di 1,11 miliardi. A fronte di questi numeri, invece di un corrispondente aumento, si registra un calo degli investimenti che dai 2,1 miliardi spesi nel 2011 vedono un drastico dimezzamento nel 2016 per una cifra che si attesta su 1,06 miliardi registrando un calo negli ultimi dodici mesi del 23,9%. Male anche il capitolo delle manutenzioni che vedono una spesa di soli 646 milioni di euro spesi nel 2016 con un calo del 7,3% annuo (fonte: Wired.it) Non c’è quindi da sturpisi se poi i ponti crollano (43 morti col viadotto Morandi) oppure l’inadeguatezza dei sistemi di protezione (guardrail) è concausa di una strage come quella di Avellino nel 2013 con altri 40 morti da piangere.
Una situazione diventata insostenibile nella quale il profitto si erge a priorità assoluta con buona pace della sicurezza e dell’interesse pubblico e con le istituzioni sempre più deboli nel contrastare il fenomeno. Da pochi giorni sono stati abbattuti i resti di ciò che era rimasto dal crollo del Ponte Morandi e a seguito della dichiarazione del vice premier che conferma la volontà del governo, già espressa nei giorni seguenti il crollo, di revocare la concessione ad Atlantia (società della galassia Benetton) ecco alzarsi un polverone mediatico che accusa lo stesso di aver espresso questo concetto ... a “mercati aperti”. Sacrilegio! Il Dio denaro e la quotazione in borsa di un’azienda privata bastano a far dimenticare in un attimo i 43 morti e le possibili gravi responsabilità di chi quel ponte avrebbe dovuto renderlo sicuro e non l’ha fatto nonostante avesse avuto tutto il tempo di farlo visto che quella lucrosissima tratta ce l’aveva in gestione dal lontano 1999. Giova ricordare che a seguito delle dichiarazioni del vice premier che avrebbero “perturbato l’andamento del titolo in Borsa” il titolo Atlantia il giorno seguente ha guadagato l’1%. Poi casualmente si apprende dai giornali di questi giorni che la stessa Atlantia sarebbe stata individuata quale possibile salvatrice dell’Alitalia ... non ne usciremo mai.
Tornando alle cose locali sabato 22 giugno una frana in quel di Quincinetto, monitorata dal 2012, a seguito delle forti piogge dà qualche segnale di pericolo e l’autostrada TO-AO viene chiusa nel tratto tra Ivrea e Quincinetto e scoppia il caos: mancanza di comunicazione tempestiva tra società di gestione, enti locali, Prefettura, protezione civile, forze di sicurezza, file interminabili di automobili in autostrada (tempo di percorrenza tra Albiano d’Ivrea e Quincinetto: 4 ore), paesi sotto l’assedio di camion e automobili senza un minimo di coordinamento. Una situazione inaccettabile. Non è possibile che non esista un protocollo d’emergenza e se esiste sarebbe utile capire perchè non è stato attivato. D’altronde è molto probabile che nell’unica autostrada che da Ivrea sale verso la Francia possa succedere qualche imprevisto con la chiusura teporanea di qualche ora come era già successo, peraltro, qualche anno fa con il ribaltamento di un camion che trasportava un pericoloso liquido. Siamo inoltre un Paese in cui il dissesto idrogeologico è questione grave e nota, ma nonostante questo poco o nulla viene fatto, almeno fino a quando non avviene la solita disgrazia della quale mai nessuno è responsabile.
Nel Consiglio Comunale del 26 giugno scorso abbiamo presentato, come lista civica Viviamo Ivrea, una mozione urgente, poi sottoscritta dai consiglieri del PD e del Movimento 5 stelle, approvata all’unanimità con alcuni emendamenti, con la quale si chiedono sostanzialmente al Sindaco due cose: 1) convocare una riunione urgente dei comuni facenti parte dell’Area Omogenea 9 della Città Metropolitana per discutere di viabilità sostenibile sul territorio, facendo massa critica, e 2) chiedere alla Città Metropolitana di perseguire con convinzione quanto votato all’unanimità dalla stessa riguardo la possibilità di prendere in capo all’ente pubblico la gestione della TO-AO (fino a Quincinetto) alla luce della scadenza della concessione ATIVA avvenuta nel 2016. Staremo a vedere se qualcosa accadrà o un’altra opportunità di perseguire una coesione territoriale persa nei tempi rimarrà lettera (mozione) morta.
Un ritorno ai territori e ai bisogni dei cittadini, imperniato su una politica dal basso capace di superare le anacronistiche barriere ideologiche dei partiti tradizionali, potrebbe essere la strada giusta da percorrere per riuscire a riconquistare, da parte del pubblico, un po’ di quel terreno perduto a scapito di quei poteri forti, indipendentemente da quali essi siano, citati in apertura. Una riattivazione di quelle dinamiche di convivenza democratica, di civismo, di volontà popolare e di quei valori ben esplicitati nella nostra Costituzione che potrebbero ridare vigore e priorità al bene comune in luogo degli indici di borsa. Noi siamo fiduciosi.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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