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Lunedì, 25 Novembre 2019 21:28

Disastro italiano

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Sabato scorso diverse famiglie chiaveranesi hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni per precauzione a causa di alcune frane e smottamenti provenienti dal versante collinare. L’Anfiteatro Morenico di Ivrea oltre ad essere un’eccellenza geomorfologica studiata a livello mondiale, visitata e percorsa da molti turisti e amanti degli sport outdoor è anche un ambiente unico e fragile come la gran parte del territorio italiano.

Una delle peculiarità della nostra penisola infatti è proprio la varietà, la diversità, l’eterogeneità ambientale e paesaggistica da una parte, ma anche culturale, produttiva, creativa dall’altra. In Italia ci sono migliaia di chilometri di coste affacciate sul Mediterraneo, due catene montuose di una bellezza impressionante e dove si trovano le cime più alte d’Europa, centinaia di laghi: da noi, bellissimi, quelli di origine glaciale, e poi colline, fiumi e ogni altro tipo di habitat possibile e immaginabile.

La biodiversità che caratterizza il nostro territorio esprime però delle criticità che altri territori non hanno. Viviamo in un Paese bellissimo, ma altrettanto delicato eppure nei decenni scorsi poco o nulla si è fatto per salvaguardarlo preferendo puntare a un presunto sviluppo indiscriminato che ha visto cementificare senza remore coste, montagne, aree naturalistiche di pregio senza soffermarsi sul fatto che ciò che alla natura si toglie prima o poi la natura se lo riprende.

Sono impressionanti le immagini che provengono in questi giorni dalla Liguria dove violente mareggiate hanno cancellato chilometri di spiagge lasciando su quelle rimaste una quantità impressionante di rifiuti, legname, plastica evidentemente prima finiti in mare. E se il pericolo può arrivare dal mare non meno preoccupazione danno le zone collinari e montuose dell’entroterra dove un ambiente sfruttato e cementificato non riesce più ad assorbire due/tre giorni di pioggia continua. Notizia dell’ultima ora di domenica scorsa è il crollo di un viadotto sulla Torino-Savona: ci risiamo, dopo il disastro del ponte Morandi un’altra infrastruttura autostradale cade come un castello di carte, chissà che prima o poi non dovremmo raccontare, a posteriori, la stessa cosa per Ponte Preti o per il Ponte XXV aprile ad  Ivrea dato a rischio un paio di anni fa e per il quale, dopo studi e analisi, non è ancora stato stilato un crono-programma di interventi.

Tornando alle questioni di casa nostra i sindaci non possono far altro che attaccarsi ai bollettini di allerta cercando di gestire, con le risorse che hanno a disposizione, l’emergenza. Ciò che manca del tutto però è la politica, quella che conta, e l’incapacità di legiferare seriamente in materia di dissesto idrogeologico. La messa in sicurezza e a norma del territorio e del patrimonio immobiliare pubblico (scuole, ospedali, ecc.) potrebbe diventare la più grande operazione di rilancio di uno Stato che oggi annaspa e paga a caro prezzo le dissolute e impalpabili politiche pubbliche basate su corruzione, malaffare, concussione, nepotismi e malversazioni varie. Investire in manutenzione, messa in sicurezza, cura del territorio, risparmio energetico genererebbe, oltre molti posti di lavoro, risparmi a medio e lungo termine che ripagherebbero ampiamente i soldi impegnati. Un’operazione su vasta scala di questo tipo dovrebbe essere accompagnata da una rivoluzionaria redistribuzione di ruoli e di risorse facendo diventare protagoniste, responsabilizzandole, le Amministrazioni locali che oggi sono ridotte a mere esecutrici di decisioni prese, spesso in maniera inopportuna e insufficiente, dall’alto.

Visto che quanto sopra può essere considerato utopistico noi da anni  proponiamo un percorso locale dal basso, o “bottom up” per dirlo in termini tecnici, che è l’esatto opposto di ciò che accade oggi in politica dove organismi superiori che conoscono poco e male le specificità dei territori decidono in maniera arbitraria senza coinvolgere le comunità locali. Per mettere in atto questo tipo di approccio servirebbe però avere degli amministratori pubblici preparati e intraprendenti in grado di assumersi la responsabilità di prendere decisioni magari di primo acchito impopolari, ma necessarie soprattutto in tema di ambiente. Altra condizione imprescindibile è quella di uscire dai campanilismi che hanno caratterizzato e caratterizzano la politica locale e per questo servirebbe però che la Città di Ivrea riacquisisse un’autorevolezza e una leadership territoriale in grado di guidare questo processo riformatore. Temi come l’ambiente, il turismo, l’edilizia sanitaria e scolastica, la viabilità, l’urbanistica, l’inquinamento non possono essere risolti dai singoli comuni limitandosi al proprio territorio, ma almeno partendo dalla zona omogenea della Città Metropolitana. Organismo, la zona omogenea 9, sconosciuto ai più che conta ben 58 comuni per 90.500 abitanti il cui portavoce è il Sindaco di Ivrea. Dall’insediamento della nuova amministrazione eporediese non ci risulta che mai siano stati convocati in assemblea i 58 comuni almeno per discutere dei problemi territoriali e fare massa critica per poter avanzare delle istanze a quell’etereo ente della Città Metropolitana nata dalle ceneri di quella Provincia di Torino cancellata un po’ troppo frettolosamente da una legge, la Delrio, sbagliata e dannosa per i territori e per i comuni minori.

Una visione sistemica e aperta al cambiamento si  rende quindi, a nostro avviso, prioritaria anche a livello locale, ma perche ciò possa avvenire servirebbero quantomeno una visione e programmi, linee di indirizzo, politiche pubbliche orientate al futuro. Tutte iniziative per le quali l’attuale Amministrazione certo non si è finora messa in luce arrivando addirittura a bocciare una nostra mozione che chiedeva, come hanno fatto migliaia di città nel mondo, una dichiarazione di emergenza climatica e ambientale. La motivazione della stroncatura? “Sono solo congetture” …

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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