La scorsa settimana una delegazione di consiglieri comunali, insieme al Sindaco, ha fatto visita alla Casa Circondariale di Ivrea dove si è svolto un incontro molto interessante con alcuni detenuti, la direttrice del carcere, la garante per i diritti degli ospiti della struttura, una rappresentanza della Polizia penitenziaria e del volontariato. Fanno riflettere l’assenza dell’Assessora alle politiche sociali e della Presidente della relativa Commissione consiliare, entrambe leghiste, tenuto conto che la riunione era stata pianificata mesi fa.
L’incontro si è svolto all’interno dell’unica sala polivalente in grado di contenere un numero adeguato di persone per assistere alle funzioni religiose, a spettacoli e incontri. L’ampia sala era riscaldata con due stufe portatili a gas perché il riscaldamento non funziona da tempo e nessuno lo ripara perché non ci sono i soldi. Come non risulta funzionante parte dell’impianto di illuminazione esterna e il campo sportivo necessiterebbe di lavori di sistemazione per poter essere utilizzato, ma anche in questo caso scarseggiano le risorse ministeriali. La direttrice, che fino a febbraio operava a tempo pieno, è ora responsabile del carcere di Fossano e deve gestire la casa circondariale eporediese in soli due giorni alla settimana. La struttura eporediese, che risale al 1980, non ha mai ricevuto sostanziali interventi di ristrutturazione. Ha una capienza di 197 detenuti mentre al 30 novembre ne risultavano presenti 274 con un tasso di sovraffollamento del 144,3% non degno di un Paese civile; percentuale addirittura superiore al dato nazionale che si attesta al 120%. Non meglio va per ciò che riguarda la Polizia penitenziaria che dovrebbe contare almeno 172 agenti mentre di effettivi se ne contano 159 e di certo non va meglio a livello nazionale se Gennarino De Fazio, segretario nazionale dell’organizzazione sindacale Uilpa Polizia Penitenziaria sostiene che: “Nel corpo di polizia penitenziaria mancano all’appello circa 5mila unità. In aggiunta alle altre 5mila tagliate dalla legge Madia, per un totale complessivo di 10mila assenti”.
Dalla relazione annuale dell’associazione Antigone si apprende che le celle ad Ivrea non sono dotate di doccia né di acqua calda, sono piccole e non garantiscono 3 mq calpestabili per ogni persona, presentano schermature alle finestre e gli arredi sono in condizioni degradate. Non c'è separazione tra l'ambiente wc e la zona in cui le persone detenute possono cucinare.
Nonostante questo e molti altri problemi, relativi soprattutto alla necessità di interventi di manutenzione della struttura e alla vita quotidiana di detenuti e agenti di Polizia penitenziaria, l’impressione percepita nell’incontro è stata quella di una situazione apparentemente meno pesante di quanto emerso dai giornali negli ultimi anni. Nessuno dei presenti ha nascosto le criticità e gli episodi negativi, compreso il recente suicidio di un giovane detenuto, ma l’impressione è che i dipendenti non possano fare molto di più di quello che già oggi fanno pur dovendo operare in un quadro generale, dettato dalla politica nazionale, sempre più critico.
Ascoltare alcuni degli ospiti dell’istituto penitenziario è stata un’esperienza profonda che è servita, almeno per un paio d’ore, ad abbattere il muro di incomunicabilità tra il dentro e il fuori. Con grande dignità, e senza negare la necessità di dover pagare il proprio debito con la società per i reati commessi, i detenuti hanno manifestato come richiesta prioritaria quella di poter scontare la propria pena lavorando, studiando e rendendosi utili alla società potendo magari farlo uscendo dalla struttura in modo da riprendere gradualmente quelle relazioni sociali interrotte con la carcerazione.
Abbiamo ad esempio visitato un laboratorio artigianale di falegnameria auto-allestito, nel quale ruotano circa 30 detenuti, dove si realizzano oggetti e mobili anche su richiesta e la cosa che più ci ha colpito è che l’incasso delle vendite viene destinato in gran parte ai bambini che si trovano in ospedale senza genitori o con genitori problematici. Esiste anche un laboratorio di drammaturgia e l’11 gennaio prossimo avrà luogo la prima esibizione della nuova opera messa in scena dopo un anno di lavoro. L’auspicio è che si trovi la formula per poterla far replicare al di fuori dell’istituto, magari nelle scuole. “In fondo anche noi siamo esseri umani, che hanno sbagliato e che stanno pagando le loro colpe, ma sempre esseri umani” è stata la frase più ripetuta e più fa riflettere. L’impressione generale, come anticipato, ci è quindi parsa quella di un clima sufficientemente collaborativo, disteso e rispettoso pur tenendo conto del contesto e del disumano sovraffollamento di cui abbiamo parlato in precedenza. Alla luce di tutto questo è emerso dal dibattito che definire il carcere di Ivrea uno dei peggiori d’Italia sia una forzatura, anche a detta degli stessi detenuti, e che sarebbe utile far uscire, molto di più di quanto avviene ora, anche le buone notizie e non solo quelle cattive o di cronaca nera. Come lista civica da tempo chiediamo, e l’abbiamo ribadito anche in occasione dell’incontro del 13 dicembre, di attivare, tramite l’assessorato competente, un canale di comunicazione permanente tra il carcere e il municipio in modo da abbattere quel muro di incomunicabilità che non fa conoscere l’umanità e la sensibilità di chi, per errori commessi in un passato a volte lontano, vorrebbe solo, dopo aver pagato le proprie colpe, reintegrarsi a pieno titolo nella società.