A pensarci bene un avvenimento del genere era stato ipotizzato da più di qualche film e libro del filone catastrofico/apocalittico, ma ci sono state anche delle pubblicazioni scientifiche, o basate su studi scientifici, che ritenevano molto probabile l’arrivo di una pandemia devastante. Uno su tutti il libro del saggista David Quammen, uscito in Italia nel 2014, dall’evocativo titolo: “Spillover. L’evoluzione delle pandemie”. In questo testo l’autore, basandosi su studi scientifici nel campo delle possibili pandemie future, diceva che una delle più grandi minacce per gli esseri umani nel prossimo futuro, parliamo del 2014, avrebbe potuto essere proprio un coronavirus che avrebbe effettuato un “salto di specie” (spillover) e che si sarebbe potuto diffondere da un wet market in Cina. Profezia più che azzeccata compreso il non trascurabile dettaglio del luogo di partenza individuato in uno dei raccapriccianti mercati di animali vivi, selvatici e domestici per il consumo umano. Una nota di colore riguardo questo tema è che, nonostante tutto quanto accaduto a livello globale, tali tipi di mercato non sono stati chiusi e continuano a rappresentare una concreta minaccia per nuovi salti di specie dopo i polli, le anatre, i maiali, le mucche, gli zibetti, i pipistrelli e via discorrendo. Ovviamente non sono questi animali ad essere i colpevoli della trasmissione dei virus, ma le condizioni con le quali questi animali vengono allevati, catturati, macellati e al contatto troppo stretto con l’uomo. I wet market, o mercati umidi, sono la dimostrazione lampante di questa barbara usanza. Siamo però nel terzo millennio e sorge spontanea la domanda: ma la comunità internazionale cosa ha fatto per prevenire lo svilupparsi delle pandemie? Eppure di esempi nella storia ne esistono parecchi a partire dal vaiolo del 500 in America, fino all’influenza spagnola del 1918 e alle più recenti Ebola, SARS, MERS e via discorrendo.
Il problema fondamentale è che la politica a livello globale non ha saputo/voluto interpretare i segnali che la natura stava mandando, troppo impegnata a rincorrere i dogmi utilitaristici dell’economia liberista tutta incentrata sul mero profitto personale per incrementare la ricchezza di pochi. Il bene comune, l’interesse collettivo, la salvaguardia dell’ambiente naturale e il benessere di uomini e animali, che sono i pilastri sui quali l’azione politica dovrebbe basarsi, sono stati messi in un angolino recondito e non considerati per decenni nonostante scienziati, studiosi, movimenti, personaggi autorevoli, avvertissero i potenti della Terra della necessità di un radicale cambiamento di rotta. Ricordo personalmente numerose battaglie ambientaliste, pacifiste, per la difesa dei diritti civili al tempo della mia infanzia dal finire degli anni sessanta del ‘900, ma ricordo altrettanto bene l’indifferenza della politica a partire da quella delle superpotenze di allora basata esclusivamente sul predominio militare e sulla corsa agli armamenti. E così abbiamo dovuto registrare nel corso del tempo un’escalation senza fine di guerre, conflitti, genocidi, stragi che pare non avere fine. E tutto questo ha portato solo morte, povertà, aumento esponenziale delle disuguaglianze, ingiustizia sociale, malattie, fame, siccità, cambiamenti climatici, inquinamento.
Tornando all’attualità, dopo il primo lockdown in molti hanno scritto e sostenuto la tesi che, nel male, questa pandemia ci avrebbe fatto capire la necessità indifferibile di un cambio radicale di paradigma da parte dei potenti e della politica mondiale, ma a guardare come siamo messi oggi, a poco più di un anno dall’arrivo di covid-19, ci assale lo sconforto e la speranza che ci accompagnava un anno fa si sta lentamente affievolendo alla luce dell’incapacità delle attuali classi dirigenti nel dare risposte concrete.
Nulla, o poco, di ciò che servirebbe si sta facendo. C’è solo da sperare che la politica, quella vera, riesca a rinascere e a risollevarsi anche se il quadro internazionale e quello nazionale non appaiono troppo promettenti. Uno degli ultimi treni potrebbe essere il Green New Deal della Commissione Europea fatto salvo che non si tratti dell’ennesima enunciazione di principio puntualmente disattesa nei fatti. I tre pilastri sui quali si basa sembrano andare nella giusta direzione: azzeramento entro il 2050 dei gas a effetto serra, crescita economica dissociata dall'uso delle risorse, nessuna persona e nessun luogo dovrà essere trascurato. Vedremo … a partire dall’Italia dove l’utilizzo dei 209 miliardi di euro del Recovery Fund, o Next Generation UE, ha già scatenato le mire fameliche dei partiti, o dei loro leader, che sono riusciti a mandare a casa l’ex premier Giuseppe Conte che, alle condizioni date, si può oggettivamente annoverare tra i migliori Presidenti del Consiglio che si ricordino. Per sostituirlo poi con il massimo rappresentante in Italia di quel dogma economico liberista richiamato ad inizio articolo. Il neo premier, pur in contrasto con diversi Paesi dell’UE, tra cui Francia, Germania e Spagna, si è dichiarato decisamente contrario a inviare nei Paesi poveri, come proposto dalla Commissione europea, 13 milioni (il 4-5%) delle dosi di vaccino acquistate dall’Unione nonostante l’esplicita richiesta dell’ONU e dell’OMS di non scatenare una guerra dei vaccini globale. Va specificato che per questioni di costo la stragrande maggioranza dei vaccini oggi in commercio sono stati acquistati dai Paesi ricchi dove abita solo il 14% della popolazione mondiale. Se questo è il cambio di paradigma dei potenti verso una società più equa e giusta …