Mentre la libertà e l’uguaglianza sono entrate a far parte del dibattito politico internazionale, anche se non perseguite con uguale intensità, la fratellanza sembra invece sparita dal linguaggio contemporaneo. I rivoluzionari dell’epoca, che coniarono quel motto entrato a pieno titolo nella storia dell’umanità, erano già allora consapevoli che per poter ottenere e mantenere la libertà e per garantire uguaglianza tra gli uomini esiste una pre-condizione imprescindibile che è proprio quella della fratellanza. Solo donne e uomini liberi, uguali per diritti e doveri, ma soprattutto in pace tra di loro e uniti da una comunanza di intenti e di aspirazioni, possono concepire quella società equa e giusta immaginata da molti pensatori e filosofi nel corso dei secoli. Detto in altre parole e in estrema sintesi: «Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!»
Non si tratta di parole qualsiasi, ma di quelle di Papa Francesco che introducono la sua ultima enciclica. Questo articolo non vuol certo essere una sorta di improprio quanto immodesto sermone, ma un elemento di stimolo per una riflessione, assolutamente laica, su quali siano i valori che dovrebbero sostanziare l’azione della politica.
Un caro amico mi ha donato qualche tempo fa “Fratelli tutti” che, come riporta il sotto-titolo, è l’ultima enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale scritta dal Santo Padre e presentata, non a caso, ad Assisi, nell’ottobre del 2020. Ho iniziato questa lettura con curiosità stimolato dall’ecumenismo e dall’incessante richiamo alla pace, alla giustizia, ai diritti dei più deboli e dei diversi portati avanti con caparbietà, non senza ostacoli di ogni sorta, da Papa Bergoglio.
All’interno di questo testo si trovano valori, prese di posizione, analisi, soluzioni che raramente ho letto o sentito pronunciare dalla politica di quei partiti che non rappresentano più, da molto tempo, i cittadini. Si tratta infatti di un testo che va ben al di là degli aspetti religiosi, ma che può essere letto come un vero manifesto politico in grado di tracciare una via d’uscita al disastro sociale e morale nel quale un’inadeguata classe politica ci ha portati.
Si possono trovare risposte a molti dei problemi che affliggono l’umanità del terzo millennio. Riguardo la pandemia Papa Francesco scrive: «Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcun pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà». Parole chiare che pesano come macigni su forze politiche, sinistra compresa, avulse dal dibattito pubblico che invece di evidenziare l’assunto che “nulla sarà più come prima” si sperticano in elogi del PNRR, il documento di programmazione, sconosciuto ai più, deciso tutto dall’alto e consegnato alla burocrazia dell’UE, che invece di individuare, tramite un percorso realmente partecipato e condiviso con i territori, i reali bisogni dell’Italia di oggi con uno sguardo al domani, ripropone idee e progetti già condannati dalla storia, dal buon senso e dalla scienza come, tanto per fare un esempio tra mille, il Ponte sullo stretto di Messina. Il testo spazia poi a tutto tondo su un gran numero delle problematiche che caratterizzano la contemporaneità a livello globale con svariati richiami a quelle sociali, ambientali, economiche. La necessità del superamento di un economia esclusivamente basata sul profitto e sulla concorrenza riemerge più volte come ripetutamente viene evocato il dramma dei cambiamenti climatici in atto che finiscono per ampliare a dismisura la disuguaglianza tra Paesi ricchi e poveri,
«I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. Tale cultura unifica il mondo, ma divide le persone e le nazioni, perché la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegi gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il: “divide et impera”».
In conclusione, nessuna folgorazione sulla via di Damasco da parte del sottoscritto quanto una presa di coscienza sul fatto che se ci si vuole attivare in maniera adeguata e moderna alla Politica con la P maiuscola non serve guardare talk-show o leggere giornali al soldo dei partiti quanto guardarsi intorno alla ricerca di ideali e valori che la politica tradizionale ha smarrito. Un paio di settimane fa abbiamo messo in evidenza la denuncia del rapper Fedez sulla questione dell’omotransfobia e oggi paragoniamo l’ultima enciclica papale ad un manifesto politico. Che qualcosa stia cambiando in una società che non ne può più di ciarlatani che parlano per slogan, alla caccia di qualche voto in più, e di una politica di mera contrapposizione ideologica, ma priva dei grandi ideali e valori sui quali è basata la nostra Costituzione repubblicana?