Si tratta di una sintesi un po’ estremizzata, certo, ma il sentimento prevalente è più o meno questo. Ciò accade perché la politica a cui ci hanno abituato, soprattutto i partiti, di fatto non assolve all’importante compito per la quale è nata e cioè analizzare e risolvere i problemi della società in maniera oggettiva mettendo da parte ideologie novecentesche che ormai non rispecchiano più la complessa realtà della vita contemporanea.
Una volta i partiti erano necessari per poter rappresentare i bisogni e le istanze dei cittadini soprattutto per la mancanza di mezzi e forme di comunicazione adatte allo scopo e per la difficoltà di spostamento delle persone. Oggi in un mondo ormai globalizzato dove si possono raggiungere, a costi contenuti, luoghi che pensavamo esistere solo sugli atlanti geografici ed è possibile comunicare in tempo reale, anche in video, con chiunque e in qualunque posto del mondo è chiaro che le modalità del fare politica dovrebbero adeguarsi alla modernità mentre sembra che la politica sia rimasta indietro di almeno 50 anni.
Il dibattito politico, che è il sale delle democrazie, si è trasformato in una continua lotta, senza esclusione di colpi, nei confronti dei propri avversari come se non esistesse un unico bene comune, ma ci fossero tanti interessi di parte.
Eppure il bene comune e il benessere dei cittadini dovrebbero essere gli stessi, non ne esistono uno di destra e uno di sinistra. E’ chiaro che a monte di ogni ragionamento, scelta, idea, azione, ogni parte politica deve partire dai valori a cui si ispira, siano essi progressisti o conservatori, liberali o socialisti, ma fatto questo la politica vera dovrebbe essere in grado di trovare una sintesi poggiata su dati oggettivi, sul miglior risultato possibile per la collettività cercando di non lasciare indietro nessuno.
Se questo vale per la politica nazionale e internazionale a maggior ragione dovrebbe valere per quella degli enti locali, quelli più vicini ai bisogni e alle necessità dei cittadini.
E’ veramente difficile capire per quale motivo si riesca a litigare o ad avere visioni diametralmente opposte su questioni che sono davanti agli occhi di tutti e interessano la collettività nel suo insieme. Parlando di Ivrea è semplice indicare, seppur in maniera non esaustiva, i problemi irrisolti da anni e decenni come la biblioteca, l’edificio olivettiano de La Serra, Palazzo Giusiana, l’area mercatale, il nuovo Ospedale, una sistemazione dignitosa dell’area ex Montefibre, un traffico eccessivo, inquinante e pericoloso, la messa in sicurezza del Terzo Ponte, la mancanza di politiche di transizione ecologica ormai sempre più necessarie, lo scarso stato di manutenzione di scuole e patrimonio edilizio pubblico e potremo andare avanti per un bel po’ visto il poco che è stato fatto negli ultimi decenni e il poco che l’attuale amministrazione sta mettendo in campo. Quando va bene si tratta di interventi estemporanei, magari nemmeno presenti nel piano triennale delle opere pubbliche, ma sempre al di fuori di una programmazione di medio e lungo termine. Questo perché non ci sono una visione e la capacità di mettersi intorno a un tavolo analizzando i problemi uno per uno ricercando delle soluzioni definitive, tenendo ovviamente conto delle risorse disponibili. L’esperienza ci dice che una qualunque opera pubblica ha bisogno di tempi lunghi per poterla vedere realizzata e se non ci sono le idee chiare fin da subito, dopo le elezioni, i cinque anni di un mandato amministrativo scorrono velocemente e il rischio di non concretizzare nulla è molto elevato. Di questo dovrebbero tenere conto i cittadini elettori che di promesse nelle campagne elettorali ne hanno sentite i tutti i colori.
“Bene, ma perché voi dite di essere diversi?” potrebbe obiettare qualcuno. Perché abbiamo una visione della politica diametralmente opposta a quella a cui siamo abituati da sempre. Secondo il nostro punto di vista in un ente locale le scelte devono essere prese con la massima trasparenza e il massimo coinvolgimento del Consiglio Comunale e dei cittadini mettendo da parte posizioni ideologiche e prevenute, magari dettate dalle segreterie di partito nazionali o regionali.
Nell’ultima campagna elettorale non abbiamo scritto il solito programma zeppo di promesse, spesso inverosimili, ma abbiamo redatto un “progetto amministrativo” che partendo dalla conoscenza della macchina pubblica e delle risorse disponibili tracciava le cose da fare nel breve, medio e lungo termine. Questo pensiamo sia l’unico metodo responsabile per cercare di rendere concreti i progetti che tutti vorremmo vedere, prima o poi, realizzati. Si parte dall’analisi dello status quo e ragionando su dati oggettivi si mettono sul tavolo e si condividono i problemi e si prospettano delle soluzioni. Per fare questo serve però percorrere una strada tracciata e non navigare a vista tra annunci roboanti quanto propagandistici come sta avvenendo in questo mandato amministrativo. Un conto sono le enunciazioni e i desideri un altro la cruda realtà e se andiamo a vedere quest’ultima possiamo tranquillamente dire che un mattone che sia uno, metaforicamente parlando, non è ancora stato posato.