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Martedì, 04 Gennaio 2022 16:11

Emergenza perenne

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Con l’arrivo del 2022 siamo praticamente arrivati a due anni dall’inizio della pandemia senza che l’evoluta società globale sia riuscita a trovare una soluzione per sconfiggere Covid 19.

Nel Mondo e in Europa sta dilagando la variante Omicron e in Italia, dopo una fase di apparente contenimento dei contagi, stiamo assistendo ad un aumento esponenziale di nuovi positivi. Fortunatamente il vaccino ha reso meno pericolosa la malattia, soprattutto per ciò che riguarda le forme più gravi, ma nel contempo le mutazioni del virus stanno portando ad una maggiore contagiosità tanto da superare i numeri già elevati delle precedenti ondate. Ciò vuol dire che, seppur meno pericolosa, la malattia sta interessando un numero molto elevato di persone tra le quali si trovano anche alcune categorie professionali che sono fondamentali e necessarie per curarla e sconfiggerla a partire dal personale sanitario, ma senza tralasciare le forze dell’ordine, il mondo del volontariato, il personale delle case di cura tanto per citarne alcune. Quindi se si ammalano quelli che dovrebbero garantire l’assistenza a chi ha contratto il virus il problema rischia di diventare difficilmente gestibile, molto più di quanto non lo sia già ora.

La domanda che in molti si pongono è di come sia possibile che dopo due anni durante i quali sono stati fatti molti passi avanti da parte della ricerca scientifica siamo ancora impreparati, sia a livello sanitario che sociale, nel gestire un fenomeno di cui oggi si conosce molto di più di ciò che si sapeva due anni fa.

La risposta a noi pare evidente: l’incapacità dell’attuale classe politica nel gestire quei fenomeni complessi che in una società moderna sono, e saranno, sempre più frequenti e determinanti. Appare sempre più evidente lo scollamento tra le liturgie di una politica ancorata a schemi novecenteschi e una società civile allo sbando senza più punti di riferimento e lasciata in balia di decisioni prese sempre più spesso in sedi non istituzionali, basate sul profitto del privato piuttosto che sui bisogni della collettività.

Significativo in quest’ambito il fatto che, ad esempio, in Italia siamo da due anni perennemente in stato di emergenza il che ha portato ad una gestione politica prevalentemente governativa che ha determinato, di fatto, la marginalizzazione del Parlamento. Peraltro la Costituzione italiana prevede lo stato di emergenza solo in caso di guerra, ma nulla dice su quella sanitaria per cui lo “stato di emergenza sanitaria” è stato deliberato in forza della L. 225/1992 sulla Protezione Civile dal solo Presidente del Consiglio dei Ministri, senza il coinvolgimento nella decisione del Parlamento nonostante siano state derogate libertà fondamentali, coperte da riserva di legge.

Se già con la dichiarazione di emergenza sanitaria ci troviamo in un limbo costituzionale per quanto riguarda la sua durata, con l’ultima proroga al 31 marzo 2022 stabilita con il Decreto Legge del 24 dicembre 2021, siamo andati oltre il limite che la legge prevede come ultimo e invalicabile. Tale limite è infatti disciplinato dall’art. 24 del D. Lgs. n. 1 del 2018 (Codice Protezione Civile), il quale prescrive che “La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi”), termine che coincide con la data del 31\01\2022.

Non è certo intenzione di chi scrive addentrarsi nei complicati meandri delle interpretazioni sulla legittimità dell’operato del Governo e del Presidente del Consiglio dei Ministri quanto evidenziare, piuttosto, il fatto che dopo due anni di incapacità della politica nel fronteggiare la situazione ci ritroviamo ancora in uno stato emergenziale che, di fatto, ha esautorato il processo democratico definito dalla Costituzione.

Come è noto lo stato emergenziale consente all’esecutivo, se non direttamente al premier, di produrre provvedimenti anche di grande rilievo come ad esempio quelli legati alla restrizione delle libertà individuali e tutto questo senza il minimo dibattito nelle aule parlamentari.

Da mesi e mesi il dibattito politico è indirizzato quasi esclusivamente su vaccini e green pass spaccando la società tra favorevoli e contrari, ma nulla o poco si sa di tutto quanto la politica, nazionale e locale, avrebbe dovuto invece elaborare per risollevare le sorti di un Paese che già non era in salute prima della pandemia, ma che ora rischia di scivolare ancora più in basso.

Un esempio lampante è la situazione, questa sì emergenziale, della sanità pubblica che in due anni di pandemia non è stata minimamente rimessa in carreggiata nonostante siano stati promessi fondi eccezionali. Se guardiamo in casa nostra e cioè nell’ASL TO4 sono stati stanziati milioni di euro per tutta una serie di lavori di messa in sicurezza, ammodernamento, adeguamento, ampliamento ed efficientamento delle attuali strutture sanitarie, ma nel concreto poco o nulla è stato fatto.

Un altro dei problemi emersi prepotentemente in questi due anni è quello del trasporto pubblico perché è inutile prendere precauzioni per il distanziamento e la sicurezza nelle aule, nei luoghi di lavoro, negli uffici, se poi per spostarsi non esiste un servizio pubblico degno di tale nome.

Questa pandemia ha messo a nudo, anche se i segnali erano già molti prima, la pochezza dell’attuale classe politica che di tutti i problemi che toccano la nostra vita quotidiana non riesce a risolverne uno. E ora a questa pochezza si è aggiunta anche una spaventosa limitazione del processo democratico che ci sta trasformando, nell’assordante silenzio dei partiti, da una “Repubblica democratica fondata sul lavoro, la cui sovranità appartiene al popolo” (art. 1 Cost.) in una inedita forma di “Repubblica (?) presidenziale fondata sugli interessi economici privati, la cui sovranità appartiene al governo”.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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