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Domenica, 17 Aprile 2022 11:09

Se la politica sta a zero

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Viviamo un tempo che mai ci saremmo immaginati di vivere anche solo una decina di anni fa.  A dirla tutta molte delle emergenze che oggi stanno modificando le nostre vite, dai cambiamenti climatici alle pandemie, dalle guerre all’aumento esponenziale della povertà in tutto il Globo, sono state ipotizzate come molto probabili da molte persone, gruppi, associazioni, ma per nulla considerate dalla politica.

 

E così dopo anni e anni di accuse inconsistenti e strumentali di procurato allarme a chi diceva che continuando così, con un mondo governato da un’economia finanziarizzata basata solamente sul profitto e sull’egoismo, saremmo andati a sbattere contro un muro, oggi tocchiamo con mano che quelle parole profetiche erano molto più realistiche di tutte le fandonie e le bugie che la politica ci propinava e ci propina portando l’attuale società sull’orlo di un abisso.

Con la devastante e crudele, oltre ogni limite, guerra in Ucraina alle porte dell’Europa, mentre ancora non è stato sconfitto il Covid-19, l’idea di una società più giusta, equa e solidale da lasciare in eredità alle nuove generazioni si sta lentamente squagliando come neve al sole facendo emergere l’inadeguatezza del denaro come mezzo di risoluzione di tutti i mali.

Se la politica non riacquisterà la propria capacità di ascolto, di mediazione, di comprensione dell’altro, di fare sintesi e di risolvere i problemi invece di crearli, l’attuale situazione di incertezza non potrà che peggiorare fino a implodere. Per un motivo molto semplice e cioè che l’economia capitalista iper-liberista è basata su una competizione infinita senza regole e sulla massimizzazione del profitto e non si preoccupa certamente della sofferenza che genera il perseguimento dei propri obiettivi.

Da decenni ormai abbiamo sotto gli occhi esempi lampanti della devastazione e della disgregazione sociale causate da questo modo di ragionare, ma invece di ribellarsi e di cercare di porre un freno agli appetiti dei potentati economici di turno la politica che conta, quella di partiti politici inconsistenti, china la testa e finge di non vedere anche i comportamenti più aberranti. Spesso ci dimentichiamo che le brutalità che vediamo oggi, più facilmente grazie alle moderne tecnologie di ripresa e documentazione dei fatti, le abbiamo viste anche a poche centinaia di chilometri dall’Italia come nella guerra in Bosnia e non certo per le velleità imperialiste del satrapo russo, come sta accadendo oggi con l’invasione di uno Stato sovrano come l’Ucraina. Andando poco più in là, dall’altra parte del Mediterraneo, troviamo la guerra infinita in Libia dopo l’uccisione di Gheddafi. Spostandoci verso oriente troviamo la Siria, l’Afghanistan, l’Iraq tutti Paesi nei quali, come in un gigantesco risiko, le potenze mondiali hanno portato e portano morte e distruzione nel silenzio dei media mainstream e della comunità internazionale. Dov’è finita l’ONU? Esiste ancora?

Quando a parlare sono le armi e il profitto predatorio vuol dire che la politica sta a zero, ma la sconfitta, come ripete Papa Francesco, in questi casi è di tutti, nessuno escluso ed è per questo che dobbiamo reagire a questa apatia generalizzata che fa tanto comodo a chi detiene il potere, magari pure senza essere stato votato scardinando uno dei principi fondanti della democrazia.

Questo accentramento di potere generalizzato e personalizzato, che sposta il dibattito democratico verso pericolose derive autoritarie, fa sì che ad esempio, non esistendo più un dibattito pubblico nemmeno in Parlamento, l’attuale Governo abbia potuto decidere, al contrario della volontà della stragrande maggioranza degli italiani (alla faccia del popolo sovrano dell’art. 1 della Costituzione), di aumentare la spesa militare al 2% del PIL passando dai già esorbitanti 25 miliardi di euro l’anno a 38 miliardi. Uno schiaffo alla povertà e alla decenza oltre che alla volontà popolare.

Decisioni come queste ci fanno capire perché le guerre non finiscono mai ed anzi se ne iniziano sempre di nuove che durano anni, che devono durare anni e creare distruzione per poi ricostruire e “spingere l’economia” lucrando pure sulle macerie sotto le quali sono rimasti migliaia di morti. In questi mesi di dolore e di terrore in Ucraina, con un pensiero anche ai giovani russi mandati direttamente dalla scuola al macello della prima linea a combattere i propri fratelli, l’industria bellica sta facendo affari d’oro come non mai; da una parte e dall’altra. Non ci sono armi buone e armi cattive. Le armi uccidono e basta, sono la negazione della vita che ci è stata data in dono. Di fronte a questo scempio dell’intelligenza umana dobbiamo reagire, dobbiamo fare la nostra parte senza voltarci. E questo lo dobbiamo fare per poter ancora guardare in faccia i nostri figli consapevoli del mondo iniquo e ingiusto che stiamo costruendo e che lasceremo nelle loro mani se continueremo a rimanere indifferenti.

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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