Assenza evidenziata, in questo inizio di millennio, da un periodo di crisi continua non si bene quanto casuale o pilotata dai grandi portatori di interesse privati globali. In tutte le crisi infatti, a fronte di molte persone che soffrono, c’è sempre qualcuno che ci guadagna e pure molto. Siamo così passati, senza soluzione di continuità, dalla crisi economico-finanziaria a quella sanitaria per trovarci oggi con la guerra alle porte d’Europa.
In questo quadro desolante a livello internazionale non si distingue certamente per oculatezza nelle scelte e per la trasparenza dell’azione politica il nostro Paese dove ormai non esiste nemmeno più un dibattito democratico e le decisioni vengono prese dall’esecutivo esautorando di fatto il Parlamento. Siamo governati da un Presidente del Consiglio non votato che è uno dei massimi rappresentanti di quell’economia neo-liberista fallimentare che sta mettendo in ginocchio il mondo intero con un aumento esponenziale della povertà e dei conflitti sociali e militari.
E’ nostra convinzione pensare che uno dei modi per uscire da questo percorso auto-distruttivo sia quello di ripartire dalle comunità locali di olivettiana memoria emancipandosi da modalità anacronistiche di fare politica tipiche di partiti politici che si sono trasformati in meri comitati elettorali. Invece di competitività, massimizzazione del profitto, sfruttamento delle fasce deboli servirebbe una rivoluzione “culturale” in grado di ricreare una società più giusta ed equa che sappia partire dagli ultimi ricercando il ben-essere e il ben-vivere di tutti. In questo modo ci troveremmo a vivere in una società solidale e non conflittuale che andrebbe a vantaggio di tutti comprese le classi sociali più abbienti.
Abbiamo parlato di comunità locali e non di comuni non a caso perché, come ci ha insegnato Adriano Olivetti, i confini giuridici, siano essi nazionali o regionali o comunali, non possono essere dei muri oltre i quali i nostri vicini vivono in modo radicalmente diverso dal nostro o peggio con i quali si generano conflitti.
Le comunità dovrebbero piuttosto essere formate da un insieme di comuni legati “naturalmente” dalle caratteristiche geomorfologiche del territorio, dalle tradizioni, dalla storia e dalla cultura compresa quella “materiale” identificabile in quel genius loci già teorizzato in epoca romana. Comunità così intese che andrebbero viste non certo come nuove aree amministrative chiuse e impermeabili quanto come fucine di idee e di ragionamenti a livello locale in grado di contaminare e farsi contaminare dalle comunità contermini nell’interesse generale del territorio e non del proprio campanile.
Lo spunto per queste parole parte dalla tragicomica vicenda del nuovo Ospedale di Ivrea che racchiude in sé la pochezza, se non la mancanza assoluta, della Politica con la P maiuscola richiamata a inizio articolo. Da anni, se non decenni, si sa che l’Ospedale cittadino non ha più le caratteristiche necessarie per poter ospitare una struttura sanitaria moderna e adeguata ai tempi. Nonostante abbia assolto egregiamente nel tempo la sua funzione, il mondo, la città, il territorio sono radicalmente cambiati e, soprattutto dal punto di vista della collocazione, serve trovare, ormai con urgenza, una nuova ubicazione che sia facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici da tutta l’area alla quale la nuova struttura dovrà fare da riferimento.
Finalmente dopo anni di richieste la Regione lo ha inserito nell’elenco delle strutture sanitarie finanziabili chiedendo agli amministratori locali di individuare un’area adeguata alle odierne necessità. La questione è stata quindi portata all’interno della Conferenza dei Sindaci dell’ASL TO4 dove è stato costituito un Comitato ristretto di 16 Sindaci rappresentanti del territorio che ha individuato alcune possibili soluzioni. Non era ancora nemmeno stato trasmesso tale documento in Regione che alcuni Sindaci, facenti ovviamente parte dell’Assemblea sopra menzionata, in sfregio ai principi democratici che la regolano, producevano un documento che proponeva un sito alternativo. Più volte abbiamo chiesto, anche con passaggi formali in Consiglio Comunale, al Sindaco di Ivrea di farsi capo del ruolo e della responsabilità che gli competono in qualità di capofila territoriale nonché di Presidente della Conferenza dei Sindaci dell’ASL TO4, ma anche dell’Area Omogenea 9 e dell’Unione dei Comuni dell’eporediese per attivare un processo politico serio, responsabile, oggettivo di dibattito e discussione in grado di trovare una soluzione condivisa a livello territoriale nell’interesse generale, ma nulla di tutto ciò è accaduto. Ma non è questo che dovrebbe fare la politica? Ascoltare, conoscere, informarsi, mediare, proporre idee, discutere, trovare soluzioni condivise? E invece ci tocca assistere ad un teatrino al quale si è aggiunta ultimamente anche una parlamentare eporediese che, non si sa bene a nome di chi, propone una soluzione alternativa diversa sia dalla proposta del Comitato dei 16 che dalla posizione manifestata all’unanimità dal Consiglio Comunale di Ivrea. Parlamentare che così facendo oltre ad alimentare la confusione smentisce clamorosamente il Sindaco Sertoli da lei stessa proposto e supportato al tempo delle elezioni.
Ora, come gruppi di minoranza, riporteremo nel Consiglio del 28 aprile la questione ricordando che nelle situazioni in cui il territorio si dimostra incapace di decidere gli enti superiori lo faranno autonomamente ovviamente secondo logiche e dinamiche che più che agli interessi del territorio guarderanno a quelli dei partiti e dei loro rappresentanti sempre in cerca di facile consenso sui territori. Quando la politica sta a zero …