Si ricordano grandi, grandissime manifestazioni, ma generalmente limitate ad un singolo Stato. Venerdì scorso invece una marea colorata, in gran parte costituita da giovani e giovanissimi, si è riversata nelle strade di Helsinki come in quelle di Auckland, in quelle di Torino come in quelle di Mosca, in quelle di Seul come in quelle di Barcellona e molte altre.
Per i potenti della Terra e per i politici di tutte le nazioni fare finta di niente potrebbe rivelarsi un gravissimo errore che potrebbe diventare un incredibile boomerang perché ormai i cittadini di tutto il mondo hanno acquisito una consapevolezza mai vista prima e in molti si dichiarano finalmente pronti a fare la loro parte.
E’ da decenni che parte della comunità scientifica, ora quasi tutta, ci avvisa che ci stiamo avvicinando a un punto di non ritorno e mentre anni fa si trattava solo di previsioni, da qualcuno definite catastrofiche e strumentali, oggi si tratta di dati e di fenomeni oggettivi che possiamo toccare con mano. Il dramma incombente del ghiacciaio di Planpincieux, sul massiccio del Bianco in Val Ferret, è lì a testimoniare una situazione di emergenza che non si può più nascondere.
Si assottiglia sempre di più, data l’indiscutibilità e l’inconfutabilità delle centinaia e migliaia di studi e di rigorose e accreditate ricerche scientifiche, il numero dei negazionisti e in alcuni Stati più che in altri si cominciano a vedere politiche pubbliche finalizzate ad incentivare ingenti investimenti in un Green New Deal che potrebbe invertire la tendenza e dare qualche speranza di futuro proprio a quei giovani che oggi scendono in piazza. Sulla scia delle iniziative intraprese in Germania (un piano di investimenti “verdi” per oltre 50 miliardi di euro) da più parti si sta chiedendo alla UE un Piano straordinario di riconversione ecologica e industriale da 500 miliardi finanziabile con l’emissione di “bond verdi”, emessi dalla banca Ue per gli investimenti, e dalla tassazione delle grandi multinazionali. Corrono anche voci di un’iniziativa analoga da parte del Governo italiano da inserirsi all’interno del Documento di Economia e Finanza 2020 in corso di elaborazione.
Si assottigliano sempre più anche i detrattori della giovane attivista svedese che potrà risultare simpatica o antipatica, ma alla quale vanno riconosciute la perseveranza e la caparbietà nel lottare contro i cambiamenti climatici che l’hanno portata a diventare un punto di riferimento indiscusso per milioni di giovani di tutto il mondo. Tutto è partito dalla sua protesta con l’esposizione del famoso cartello: “Skolstrejk för klimatet” (Sciopero scolastico per il clima) di fronte al Parlamento Svedese tutti i giorni dal 28 agosto 2018 al 9 settembre dello stesso anno, data quest’ultima, delle elezioni in quello Stato. Dopo le elezioni ha ricominciato a manifestare ogni venerdì fondando, di fatto, il movimento studentesco Fridays for Future. Non è certo colpa sua, come vorrebbero i suoi detrattori, se la sua protesta è diventata in breve tempo una sorta di manifesto ambientalista per i giovani di tutto il mondo e lei stessa ne è diventata l’icona. Su Greta si sono scritte e dette una quantità immensa di parole, spesso a sproposito e anche vigliaccamente offensive, spostando cinicamente l’attenzione dai problemi da lei posti sulla sua persona, nonostante si stia parlando di una ragazzina di 16 anni che ha già parlato con grinta, determinazione e chiarezza nelle più grandi assemblee mondiali: dal “Vertice dei giovani per il clima” alla Commissione ambiente del Parlamento europeo, dal “Climate Action Summit”, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, all’essere ricevuta in udienza da Papa Francesco.
Tutto questo a livello globale, ma anche sui territori e a livello locale qualcosa si sta muovendo. E’ nata qualche tempo fa la “Climate alliance”, un’associazione di 1700 Comuni, il cui Presidente Andreas Wolter, Sindaco di Colonia, evidenzia di quanto sia: «…importantissimo che le conoscenze e le informazioni siano condivise e messe in rete, affinché si trovino macro-soluzioni adatte e adattabili a ogni singola realtà territoriale, con l’obiettivo della massima sostenibilità». Questa è proprio la strada che noi vorremmo far seguire anche alla Città di Ivrea e per proporre la quale abbiamo presentato qualche tempo fa una mozione in Consiglio Comunale purtroppo bocciata, senza dibattito e motivazioni, dall’attuale maggioranza. Siamo però convinti che ognuno debba fare la propria parte, dai cittadini ai Comuni, per cui ripresenteremo a breve una nuova richiesta nei confronti dell’esecutivo eporediese almeno per garantire qualche buona pratica che se non risolverà i problemi mondiali suggellerà almeno il nostro impegno per limitare i danni.
Questo perché come sostiene sempre Wolter: «Dobbiamo capire che non esistono soluzioni e ricette uguali per tutti; le buone pratiche e le azioni concrete sono più efficaci quando sono costruite su misura per i territori ed è questo che possiamo incentivare noi amministratori».
Proviamo quindi, come città di Ivrea, a dare il buon esempio partendo da azioni concrete come eliminare la plastica dal nostro agire quotidiano, utilizzare borracce metalliche riutilizzabili all’infinito, piantare alberi invece di abbatterli, elaborare politiche pubbliche finalizzate alle energie rinnovabili, ad una viabilità sostenibile, alla riduzione dell’inquinamento, alla salvaguardia del territorio. L’importante è cominciare e non rimanere indifferenti continuando a rimandare una presa di posizione forte e concreta per contrastare i cambiamenti climatici in atto anche perché i giovani di Fridays for Future ce lo stanno dicendo chiaramente: “smettete di rubarci il futuro!”