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Lunedì, 24 Febbraio 2020 23:54

5G: precauzione vs allarmismo (parte seconda)

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La scorsa settimana abbiamo introdotto il tema della nuova tecnologia 5G parlandone in termini generali e richiamando nel finale di articolo il “principio comunitario di precauzione” che in termini più semplici si può definire uso del buon senso. Se di una nuova tecnologia non si conoscono i potenziali effetti dannosi sulla salute il buon senso, appunto, ci consiglierebbe di procrastinarne l’utilizzo almeno fino a quando la comunità scientifica non confermerà l’inesistenza di rischi per la salute umana, quella animale e per l’ambiente.

Oggi sta avvenendo l’esatto contrario e il messaggio che passa, grazie alla capacità persuasiva delle società di telecomunicazione che su questa partita stanno investendo capitali enormi, è che non ci sarebbero rischi. Viene usato il condizionale per il semplice motivo che non ci sono certezze e metterla sul piano dello scontro ideologico e aprioristico, come in parte sta accadendo, non è degno di un Paese civile come diciamo di essere.

Il tema è complesso e proprio per questo, come forza politica presente in Consiglio Comunale, con gli altri colleghi di minoranza abbiamo presentato nell’ultima seduta di gennaio una mozione, approvata all’unanimità, che impegna l’Amministrazione ad approfondire il tema. A questo fine si sta organizzando una Commissione Assetto del Territorio e Ambiente per il 6 marzo prossimo nella quale ascolteremo in audizione autorevoli esperti in materia per avviare un dibattito in città che sia il più possibile oggettivo, trasversale, responsabile e non ideologico, ma basato su studi scientifici, possibilmente indipendenti.

Intanto va premesso che il problema delle emissioni elettromagnetiche da radiofrequenze non nasce certo con il 5G e da anni sono in corso centinaia di studi che cercano di analizzarne la possibile pericolosità. Il 5G si andrà quindi ad aggiungere, e per un certo numero di anni a sovrapporre, alle tecnologie precedenti fino alla loro completa sostituzione.

I risultati di cui si sente parlare oggi sono quindi relativi all’inquinamento elettromagnetico ante 5G e questo è uno degli elementi che fa maggiormente discutere perché c’è chi afferma che la nuova tecnologia sarà meno dannosa basandosi però solo su dati teorici relativi alla potenza dei singoli apparati emissivi non essendoci ancora stato il tempo di poter effettuare studi epidemiologici basati su misurazioni dirette e scientificamente validati. A questo proposito esistono diverse petizioni e raccolte di firme internazionali, anche di associazioni di medici, che chiedono una moratoria sull’installazione di nuove antenne in attesa di un nuovo pronunciamento della IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) che comunque già nel 2011 ha inserito i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibilmente cancerogeni per gli esseri umani” (gruppo 2B).

Tra smentite e contro smentite alcuni recenti studi autorevoli parrebbero evidenziare una correlazione tra emissioni elettromagnetiche e l’insorgenza di patologie di vario tipo comprese quelle tumorali. Parliamo di organismi scientifici internazionali e indipendenti emessi da enti come la NTP (National Toxicology Program), la IARC (International Agency for Research on Cancer), l’Istituto Ramazzini di Bologna (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni), la rivista scientifica Scientific American che ha pubblicato un contributo di Joel M. Moskowitz (Center for Family and Community Health), l’ECRR (Non-Ionizing Radiation Risk Committee), l’International Electromagnetic Fields Alliance, il gruppo di lavoro internazionale The Bioinitiative Working Group, la European Environment Agengy, lo SHEER (Comitato scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti della Commissione Europea), il Parlamento Europeo e altri.

Va detto che ci sono alcuni enti/organizzazioni come l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) che ad alcuni di questi studi, principalmente quelli del NTP e dell’Istituto Ramazzini, danno una lettura prudenziale evidenziando, a loro modo di vedere, “risultati poco chiari  e non coerenti tra di loro…” per cui “…non sembrano modificare in modo sostanziale il quadro d’insieme delle evidenze scientifiche riguardo al potenziale rischio cancerogeno[1]. Nonostante questo punto di vista più dubbioso riguardo la possibile dannosità dei campi elettromagnetici ritengono comunque importante: “che l’introduzione di questa tecnologia sia affiancata da un attento monitoraggio dei livelli di esposizione e che proseguano le ricerche sui possibili effetti a lungo termine[2].

In quest’ultima affermazione si evidenziano due dei principali motivi per cui oggi molte persone chiedono una pausa di riflessione prima della creazione e la commercializzazione di una rete capillare 5G. La prima criticità è legata all’oggettiva impossibilità di effettuare oggi un monitoraggio diretto e reale delle emissioni mentre l’auspicio alla prosecuzione delle ricerche si contraddice con la linea “morbida” di procedere comunque con la sperimentazione 5G per il semplice motivo che il risultato è oggi ignoto. Se i risultati confermassero quanto sta emergendo da più parti sulla possibile dannosità di una eccessiva esposizione alle onde elettromagnetiche come si potrebbe rimediare?

Esiste un’ampia letteratura sui danni alla salute pubblica causati dal mancato ascolto di chi, a suo tempo, ha denunciato  i rischi di alcune scoperte, nuovi materiali, inquinamento. Mancato ascolto spesso causato da mere motivazioni economiche finalizzate al massimo profitto di  imprese private che non si sono fatte troppi scrupoli.

Volendo fare un esempio, uno degli errori macroscopici che il nostro territorio conosce purtroppo bene è quello dell’amianto che, nonostante ne fosse stata denunciata la possibile pericolosità da Lucy Dean addirittura nel lontano 1898, è stato abbondantemente utilizzato nel corso di tutto il ‘900 causando centinaia di migliaia di morti e danni economici stimati,  per i soli costi diretti (ritiri dal lavoro, cure, morte), in 410 miliardi di euro l’anno solo nell’Unione Europea (lo 0,7% del PIL) [3].

Sarebbe quindi utile che i decisori politici e gli amministratori pubblici, almeno quando si tratta di salute, parlassero con una voce sola muovendosi in maniera trasversale e coesa cercando di acquisire il maggior numero di dati e informazioni in modo da poter prendere decisioni responsabili finalizzate alla sicurezza dei cittadini.

 

[1] Fonte: “Emissioni elettromagnetiche del 5G e rischi per la salute” - Alessandro Polichetti – ISS Roma

[2] Fonte:   idem

[3] Fonte: “La tecnologia 5G: verità a confronto … e le ambiguità della scienza” – Elena Camino – Centro Sereno Regis

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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