Tutto ciò che sappiamo lo apprendiamo dai media grazie al lavoro sfibrante di giornalisti che devono effettuare centinaia di telefonate quotidiane per avere qualche dato dagli addetti del settore sanitario che oltre tutto non si possono esporre per paura di ritorsioni. Una situazione inconcepibile, tipica dei regimi totalitari. Ma perché sta accadendo questo? Perché i Sindaci, tutti insieme, non si ribellano a questa assurda e irresponsabile situazione? La nostra Costituzione prevede poteri illimitati al capo di un’unità di crisi che vanno oltre il ruolo e il potere dei Sindaci? Se è così lo si palesi.
E’ ormai acclarato da chiunque che una delle azioni fondamentali per sconfiggere il virus è quella di individuare il maggior numero di positivi, ancorché asintomatici, per separarli dai non contagiati tanto che si sta pensando a strumenti di localizzazione e tracciamento tramite tecnologie GPS ampiamente disponibili e diffuse. Qualcuno parla di problemi di privacy, ma dimenticando di specificare che tutti i possessori di uno smartphone sono, più meno consapevolmente, già oggi tracciati in ogni loro spostamento e “profilati” in base alle loro abitudini, preferenze, interessi. Della questione sono già stati interessati il Garante della Privacy e i produttori di telefonia mobile, ma siamo in Italia e tra il prendere una decisione e metterla in atto devono sempre passare tempi biblici anche se ogni giorno di inattività in questo senso vuol dire maggiori positivi, malati, morti.
Tornando alla comunicazione locale abbiamo ulteriormente ribadito nell’ultima Conferenza dei Capigruppo svoltasi il 2 aprile la mancanza e la necessità di un coordinamento territoriale che dovrebbe partire dal nostro Sindaco in quanto capofila di una serie di organizzazioni sovra locali istituite proprio per gestire i problemi comuni in maniera omogenea sul territorio: COM (Centro Operativo Misto della Protezione Civile), COC (Centro Operativo Comunale), Assemblea dei Sindaci dell’ASL, Area Omogenea 9 della Città Metropolitana di Torino, Unione dei Comuni dell’Eporediese. Se i Comuni parlassero con una voce sola probabilmente dalla Regione ci sarebbe una considerazione maggiore per le nostre problematiche. Ad esempio sul mancato utilizzo dell’Ospedale di Castellamonte, facilmente e velocemente attrezzabile allo scopo a differenza delle OGR di Torino sulle quali si riverseranno oltre 3 milioni di euro per trasformare una ex officina in Ospedale per poi magari smantellare tutto per restituirgli il ruolo di spazio per eventi a cui era stato destinato con altrettanto ingenti investimenti. Dicono dalla Regione che Castellamonte non si può usare perché non c’è personale. E quindi alle ex OGR chi ci mandano, dei robot? E cosa aspettano ad assumere immediatamente medici, infermieri, OSS, richiamare personale in pensione e utilizzare il personale delle strutture private che potrebbero per qualche tempo fermare le attività non essenziali? Da quanto tempo sappiamo che saremmo arrivati a questo punto e perché non si è fatto nulla? Perché non si rende più incisiva l’azione coercitiva nei confronti delle strutture private, almeno quelle del territorio che, per quanto se ne sa continuano a svolgere, seppur riducendola, la normale attività mentre nell’Ospedale di Ivrea sono stati riconvertiti a Covid praticamente tutti i reparti e chiuse, fatto salvo le emergenze, tutte le sale operatorie?
La mancanza di una comunicazione ufficiale oltre lasciare i Sindaci, che conoscono benissimo i loro territori e le situazioni locali, nell’incertezza e nell’impossibilità di organizzarsi anche a livello intercomunale ha generato e sta generando la diffusione di dati non ufficiali tramite social o media, meno attenti alla verifica delle fonti, e questo sta creando nella popolazione una confusione che genera ansia e preoccupazione. L’altro lato della mancata conoscenza dei numeri reali è una percezione edulcorata della situazione drammatica che si sta vivendo negli Ospedali così che al primo raggio di sole centinaia di persone si sono riversate per le strade mettendo a repentaglio tutti gli sforzi fatti finora. Va infatti chiarito che in Piemonte, dove i morti hanno superato le mille unità, i numeri non sono in calo, come si rileva anche dal sito stesso della Regione dove il 4 aprile si legge: «L’evoluzione della curva epidemiologica ancorché registri una crescita inferiore, se comparata al periodo di tempo immediatamente precedente, presenta ancora un valore assoluto tendenzialmente in aumento». Il comunicato prosegue evidenziando un altro elemento di preoccupazione che andrebbe immediatamente risolto e cioè che: «Su questa situazione di criticità incide, inoltre, in maniera determinante la situazione di aumento di casi di positività nel personale e negli ospiti all’interno delle case di riposo». Settimane fa il Presidente Cirio ha dichiarato su tutti i giornali che avrebbe fatto fare il tampone ad ogni operatore sanitario. Ad oggi questo non è ancora avvenuto ed è doppiamente grave: sia perché i tamponi non sono stati fatti sia perché sono state rilasciate dichiarazioni di questo tipo senza avere la certezza di quanto affermato. Sul tema della sicurezza dei lavoratori in ambito sanitario abbiamo già avuto modo di dire che ogni datore di lavoro, di qualunque azienda, è responsabile della salute dei propri dipendenti e le stesse regole, e a maggior ragione, dovrebbero valere anche per le ASL che sono l’Ente deputato ai controlli nei luoghi di lavoro. Al 4 aprile sono morti 80 medici e 25 infermieri. In totale 11.252 operatori sono stati contagiati (fonte: www.rainews.it). Troppi!
Tutto quanto sopra e quanto già scritto nelle scorse settimane mette in evidenza la lentezza nel prendere le decisioni da parte di chi riveste ruoli istituzionali e di conseguenza l’inadeguatezza dell’attuale classe dirigente pubblica.
A tale riguardo chiudiamo evidenziando che è in corso, ma non potrà andare avanti all’infinito, una gara di solidarietà da parte di cittadini singoli, gruppi organizzati, associazioni che stanno reperendo sul mercato, con una spasmodica attività di ricerca, il materiale necessario a far lavorare in sicurezza i nostri “eroici” operatori sanitari così come definiti da Papa Francesco in un recente discorso ai giovani.
Ma tutto si svolge in maniera disorganizzata e i cittadini cominciano a non fidarsi più delle istituzioni e comprano e consegnano il materiale direttamente in Ospedale. Se da un lato queste iniziative aprono il cuore dall’altro rimettono il dito nella piaga dell’incapacità della struttura pubblica di provvedere alla fornitura del minimo necessario per permettere ai propri operatori sanitari di lavorare in sicurezza e non stiamo parlando di sofisticate apparecchiature medicali ma di termometri, camici, tute, mascherine, kit diagnostici, saturimetri, medicinali e molto altro; tutto reperibile sul mercato. E’ normale tutto questo?