“Leggerla non basta. Bisogna studiarla. Se ci si mette nello spirito della Costituzione la vita cambia. Perché lì c’è tutto, c’è il futuro, la libertà, la socialità, i diritti sociali, l’uguaglianza vera.”
Prof. Lorenza Carlassare, intervista a Maria Giulia De Rosa, marzo 2020
Quando l’emergenza sarà finita non tutto potrà essere come prima
Se in questo momento è indispensabile concentrare tutte le risorse del Paese nel tentativo di ridurre il costo della pandemia in termini di vite umane, non meno importante è una riflessione su come usciremo,speriamo presto, dall’emergenza e sulla necessità, in una fase prevedibilmente molto difficile, di garantire gli equilibri democratici delle nostre Istituzioni.
- Le conseguenze sul piano economico dei provvedimenti assunti per bloccare il contagio saranno inevitabilmente pesantissime: difficile prevedere il numero delle imprese che non riusciranno a risollevarsi da un periodo così lungo di inattività e i posti di lavoro persi. Molto cambierà: per carenza di liquidità, per cambiamenti nella geografia dei mercati o addirittura per un probabile mutamento qualitativo e quantitativo del modello dei consumi dovuto alla contrazione di un mercato interno già in difficoltà.
La situazione sociale del Paese, già caratterizzata da una pesante disoccupazione, specialmente giovanile, rischia di peggiorare drasticamente.
Potremmo passare da una emergenza sanitaria a un’altra sociale, che richiederebbe provvedimenti non meno severi.
Provvedimenti che ,per essere accettati e non strumentalizzati per creare disordini, necessiterebbero della massima legittimazione, che può derivare solo dalla approvazione da parte di un parlamento che, contrariamente all’attuale, sia percepito come effettivamente rappresentativo della sovranità popolare proclamata all’art 1 della nostra Costituzione.
Per questo è indispensabile che termini al più presto la fase attuale della decretazione d‘urgenza, anche nella forma dei DPCM, pur giustificata in base agli artt. 16, 17 e 77 Cost., per una riaffermazione della separazione dei poteri, la riappropriazione della funzione legislativa da parte del Parlamento e il rispetto delle procedure previste all’art.72.
- Non meno importante è vigilare che la fase della emergenza non venga usata come alibi per cancellare o sospendere le normative di garanzia nate per combattere i fenomeni che più affliggono il nostro Paese: corruzione, evasione fiscale, mafia, e/o per la tutela dell’ambiente.
Su questo piano i rischi connessi a una generale deregulation sono purtroppo gravissimi e concreti: ci sono personaggi politici in perenne campagna elettorale che, con la scusa della ‘semplificazione’ della ‘burocrazia’ soffocante e con il ricatto occupazionale, richiedono di fatto mano libera per la speculazione immobiliare e la infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici.
Se una semplificazione amministrativa è sicuramente auspicabile, essa non può essere ottenuta a scapito dei diritti dei cittadini onesti e provocando ulteriori danni a un ambiente già ampiamente compromesso.
- Un ulteriore rischio è presente nelle proposte di ridurre l’attività del Parlamento, contingentandone le presenze, comprimendo il dibattito e riducendo le sedute alla sola procedura di voto, magari introducendo il voto a distanza o per delega (ai capi-gruppo?)
Tutte procedure di emergenza da respingere, che rischiano di costituire pericolosi precedenti in favore di una visione distorta della funzione di confronto e mediazione che appartiene alle assemblee e ai singoli parlamentari.
Il funzionamento del Parlamento, specie in un periodo di crisi, non può essere considerata meno essenziale di quella degli altri servizi pubblici .
Respingiamo la visione che ha portato alla approvazione del taglio dei parlamentari che ci siamo impegnati a respingere votando NO nel referendum costituzionale per evitare che ampie fasce di cittadini e cittadine non siano rappresentate e non possano esercitare la loro sovranità.
- Le difficoltà sorte nell’affrontare efficacemente la pandemia e la necessità per le regioni di invocare pesanti interventi del governo centrale fanno a nostro avviso definitivamente tramontare il tentativo di stravolgere l’equilibrio dei rapporti Stato/Regioni assegnando a queste ultime eccessive competenze su quasi tutte le materie (in particolare salute, istruzione, trasporti, ecc…).
La possibilità di politiche regionali non omogenee e di livelli diversi di prestazioni nei principali servizi pubblici renderebbe inattuabile il compito di realizzare l’eguaglianza di fatto dei cittadini assegnato dall’art. 3 Cost. alla Repubblica,
In attesa di una auspicabile revisione del Titolo V, per cancellare gli effetti disastrosi della pessima riforma del 2001, è necessario tornare a una corretta interpretazione del 3° comma dell’art. 116, che limita l’ampliamento ulteriore delle competenze regionali a casi specifici, che dovrebbero essere opportunamente motivati. Sarebbe anzi opportuno chiedersi se è tuttora giustificabile, a più di 70 anni dalla nascita della Repubblica, l’esistenza delle regioni a statuto speciale.
In questa difficile fase, più che mai, riteniamo che la nostra Costituzione, fondata su Principi di solidarietà, legalità, uguaglianza e pace, possa e debba costituire la bussola su cui orientare il futuro del Paese. Crediamo pertanto che
quando l’emergenza sarà finita non tutto dovrà essere come prima,
e che siano necessarie:
- l’esplicita conferma della centralità del Parlamento e del sistema democratico rappresentativo, con la rinuncia a tentativi di riscrittura della Carta in senso accentratore e autoritario e la cancellazione della riduzione del numero dei Parlamentari;
- l’abbandono dell’abuso della decretazione, limitandola ai soli casi di effettiva necessità e urgenza, come previsto all’77 Cost.;
- una nuova legge elettorale proporzionale che consenta ai cittadini/e di scegliere i propri rappresentanti e, unitamente al rispetto del divieto di vincolo di mandato (art. 67 Cost.), ripristini il rapporto di fiducia fra eìettori e eletti su cui è fondata la sovranità popolare prevista all’art. 1 della nostra Costituzione
- l’abbandono del progetto di autonomia regionale differenziata per una interpretazione dell’art 116, 3° comma, che ne limiti l’applicazione a motivati casi eccezionali e, più in generale, un ripensamento sull’eccesso di competenze attribuite alle Regioni in materie, come i servizi socio-sanitari, fondamentali per il rispetto e l’attuazione del principio di eguaglianza imposto dall’art. Cost
Per ben due volte nell’arco di dieci anni abbiamo contribuito a dimostrare che le Italiane e gli Italiani si riconoscono nei Principi Fondamentali della Costituzione repubblicana del 1948 e riteniamo che gran parte dei problemi che affliggono il nostro Paese sia conseguenza dell’aver rinunciato ad attuarli. Respingiamo pertanto fermamente l’idea eversiva di un tentativo di riscrittura di nuova costituzione ad uso di un ceto politico che tenta di nascondere i propri fallimenti.