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Lunedì, 25 Gennaio 2021 14:31

Scatole cinesi

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Nelle due settimane precedenti abbiamo affrontato il tema delle “partecipate” del Comune. Si tratta certamente di una problematica che non attira più di tanto i lettori però se si presta un po’ di attenzione al tema si potrà notare quanto sarebbe necessaria una profonda riforma della materia basata sulla massima trasparenza e pubblicità dei contenuti, merce rara nella politica, di tutti gli schieramenti, degli ultimi decenni.

 

La deriva è talmente avanzata che, come anticipato nel numero scorso, è stato approvato nel 2016 un Decreto Legislativo, il 175/2016,  che chiede esplicitamente ai Comuni un’analisi approfondita delle società partecipate e di adottare, se necessarie, le conseguenti misure di razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

Come al solito, e su questo non c’è differenza tra la precedente e l’attuale Giunta, questi temi vengono tenuti sotto traccia e considerati con superficialità. Qui la questione non è ideologica, ma di sostanza perché grazie alla razionalizzazione di queste società, o enti dei quali il Comune detiene delle quote, potrebbero entrare nelle casse pubbliche risorse fresche da destinare alla città e ai cittadini invece di finire in mille rivoli spesso molto discutibili e al limite della legalità. Si tratta purtroppo di un sistema oliato del quale i partiti politici hanno fatto un uso smisurato, anche a livello locale, negli anni scorsi.

Il D.Lgs di cui parlavamo sopra all’art.20 prevede che ogni Comune porti in Consiglio Comunale, una volta l’anno, una delibera con la quale, dopo aver presentato l’analisi delle società partecipate, evidenzi cosa sia stato fatto in tema di razionalizzazione delle stesse. Questo passaggio ad Ivrea è avvenuto nell’assise del 28 dicembre 2020 e la delibera conseguente è stata approvata,  coi soli voti della maggioranza, nonostante le evidenti criticità rilevate e la sostanziale inattività della Giunta sul tema.

Nella documentazione allegata alla delibera si trovano tutte le società direttamente o indirettamente partecipate dal Comune. Per ciò che riguarda quelle “dirette” si tratta di: Ivrea Parcheggi Srl, Società Canavesana Servizi Spa, Turismo Torino e Provincia Scarl, ATIVA Spa, Banca Etica Scpa, SMAT Spa e fino qui il quadro è abbastanza chiaro. I dubbi sorgono quando si entra nel mondo delle società “indirettamente” partecipate sulle quali, non avendo controllo diretto, il Comune ha margini di manovra limitati. Ciò non vuol  dire però nascondere la testa sotto la sabbia, ma, come prevede la Legge, chiedere conto dell’andamento di questi “cespugli” alla società capogruppo direttamente partecipata.

Proviamo a semplificare con un esempio concreto: il Comune detiene lo 0,00044% della Società Metropolitana Acque di Torino (SMAT) che è una società a capitale interamente pubblico. Il compito della SMAT dovrebbe essere quello di gestire il Servizio Idrico Integrato dell’ATO 3 “torinese” che comprende i 307 Comuni della Città Metropolitana di Torino, capoluogo compreso. La città di Torino detiene 3.231.679 azioni pari al 60,37% del capitale sociale oltre 169.331 azioni, pari al 3,16% in capo a FCT Holding SpA (controllata Finanziaria Città di Torino) per un totale pari al 63,53% del capitale sociale complessivo.

Come si può ben capire la Città di Torino detiene una maggioranza schiacciante e può decidere in ogni momento le sorti dell’azienda. Cosa abbia da spartire Torino con il Comune di Moncenisio, tanto per fare un esempio di quelli che possiedono una sola quota, che detiene lo 0,00002% del capitale sociale è difficile da capire, ma tant’è.

Oggi l’Italia dei Comuni, delle tradizioni, dei saperi, dei territori, dei paesaggi, dell’arte e della storia, delle montagne, dei laghi, dei fiumi, del mare e dell’agricoltura di nicchia, si è trasformata in una finanziaria qualunque, finalizzata solo a gestire il capitale monetario, e nessuno della politica che conta ha mai alzato un dito per dire qualcosa, sinistra compresa.

A parte Moncenisio non è che la Città di Ivrea se la passi molto meglio, dall’alto del suo 0,00044%. Diciamocela senza peli sulla lingua: non conta nulla, meno del 2 di picche a briscola, ma ciò non vuol dire che non debba esercitare il suo sacrosanto diritto di controllo e di partecipazione alle assemblee dei soci, in quanto azionista, cosa che non ci risulta il nostro Comune faccia.

Torniamo ora alla questione delle società “indirettamente partecipate” che già il nome ci fa capire che sotto sotto ci sta la fregatura. Leggiamo sulla Delibera approvata dal Comune che la succitata SMAT, sotto il controllo indiscusso della Città di Torino, possiede una serie di partecipazioni non indifferenti che ci danno parecchi spunti di riflessione sulla democraticità e la trasparenza di certe società di capitali.

Si comincia con il 91,62% di partecipazione di Risorse Idriche SpA per proseguire con il 51% di AIDA Srl e poi troviamo: il 44,92% di Società Acque Potabili SpA, il 19,99% di S.I.I. SpA, il 10% di NOS SpA, il 9,83% di Acque Potabili Siciliane SpA,  il 4,92% di Mondo Acqua SpA, il 3,38% dell’Enviroment Park SpA di Torino, lo 0,5% di Galatea Scarl.

Ma non finisce qui, se leggiamo tutto fino in fondo si scopre che per Galatea Scarl sono in corso le procedure di liquidazione e per Acque Potabili Siciliane Spa sono in corso le procedure fallimentari.

Senza essere degli esperti di finanza quanto sopra ci fa chiaramente capire che in tutto questo gioco di “scatole cinesi” a rimetterci siamo solamente noi cittadini comuni che alla fine del gioco paghiamo una bolletta sempre più cara spesso a scapito di servizi scadenti e magari per acquisire quote azionarie di società decotte o in odore di fallimento.

Lo vadano a dire loro, i vertici di SMAT, ai residenti di via Soana, che durante le feste sono rimasti per diversi giorni senz’acqua, senza un minimo di preavviso, per un problema alle condutture idriche segnalato da anni oppure che la società Acque Potabili Siciliane sta fallendo, idem la Galatea Scarl o che ci sono altre numerose società partecipate delle quali si sa poco o nulla o che il Cda ci costa 225.000 euro, il collegio dei revisori 95.000 euro, la società di revisione dei conti 66.000 euro, l’organismo di vigilanza 20.000 euro (dati scaricati dal sito web della Città di Torino). Va anche tenuto conto che ognuna delle controllate ha un proprio CdA, un collegio di Revisori dei conti e via discorrendo, una moltiplicazione di poltrone, spesso lautamente pagate, e di costi di gestione.

E qui ci fermiamo con SMAT, anche se di questioni aperte ce ne sarebbero una marea, e chiudiamo con un’ulteriore riflessione: se SMAT, società interamente pubblica, gestisce il servizio idrico integrato dell’intera ATO3 a cosa serve la stessa ATO 3, che è sempre un’organizzazione pubblica che tratta la stessa materia, i cui attori sono gli stessi amministratori locali già presenti in SMAT? A proposito, sul sito di ATO3 si può vedere che il Direttore percepisce 100.000 euro l’anno più bonus …

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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