Nell’apice del suo fulgore la Olivetti, nel senso di azienda, ha fatto diventare Ivrea un centro di eccellenza conosciuto in tutto il mondo lasciandoci gran parte di quel patrimonio di cui sopra, che dovremmo avere a cuore e custodire gelosamente ed invece, incredibilmente, non riusciamo ad apprezzare e valorizzare.
Questa premessa, che potrebbe aprire mille porte verso una rinascita della città e del territorio circostante, ci serve per introdurre un tema a noi caro e cioè quello della conservazione di questo patrimonio e della sua salvaguardia. La principale attività che andrebbe valorizzata per poter fare questo è la manutenzione, troppo spesso dimenticata o non sufficientemente messa in atto dalla Pubblica Amministrazione.
Tornando al nostro patrimonio immateriale, sul tema della manutenzione, siamo andati a riprendere una definizione dell’ing. Pier Giorgio Perotto, inventore della mitica “Perottina” (la Programma 101), che, senza esagerazione, si può definire il primo prototipo di personal computer.
Sosteneva il compianto ingegnere che: “Le attività di manutenzione non pretendono di trasformare il mondo, i loro obiettivi non sono esprimibili in modo semplice, non hanno il fascino mozzafiato di attività che producono oggetti con prestazioni elevatissime (o grandi opere pubbliche aggiungeremmo noi oggi), vanno continuamente e periodicamente ripetute, se hanno successo il loro effetto non si vede”.
La parte finale di questa definizione è illuminante. Se un’attività manutentiva è organizzata e svolta bene non ci si accorge della sua esistenza nell’immediato ma se ne avranno grandi benefici nel lungo termine. Questo è proprio ciò che una gestione miope delle politiche pubbliche non sopporta. La politica autoreferenziale che oggi imperversa è basata sul concetto opposto e cioè quello dell’apparenza, del tutto e subito, dell’usa e getta ed allora mantenere in vita ed in efficienza il patrimonio pubblico, l’ambiente naturale, il paesaggio, seppur con ridotti investimenti monetari, pare non interessare a nessuno. Molto meglio inaugurare nuove opere o posare qualche “prima pietra”. Tanto per non pensare solo al locale, guardiamo alla pagliacciata del Mose a Venezia, opera da oltre 5 mld di euro, del quale sono state realizzate solo 4 paratie su 78 sotto gli occhi di centinaia di autorità in battello e con grande circo mediatico di contorno.
Se proviamo a rifletterci un po’ su possiamo vedere come la manutenzione potrebbe, dal punto di vista dei lavori pubblici e della gestione del patrimonio, diventare il paradigma di una politica nuova, eticamente responsabile e capace di andare oltre la sottocultura dello spreco e del gigantismo generando, altresì, anche nuove opportunità lavorative.
Oltre che un elemento imprescindibile per le amministrazioni di oggi e di quelle che verranno, la manutenzione è diventata oggi una necessità ed un’urgenza non più procrastinabile.
Basta girare per la città e parlare con le persone per accorgersi che ci sono problemi di degrado impellenti, segnalati agli uffici da anni e spesso mai risolti: scuole, marciapiedi, strade, illuminazione pubblica, piscina, impianti sportivi e via discorrendo. Serve prenderne atto e mettere in piedi una strategia pluriennale di intervento per la quale servirà individuare le coperture, inserendo a bilancio poste effettive e non solo virtuali.
Chiudiamo con una segnalazione che troviamo di triste attualità. Mentre lunedì scorso è stata presentata la candidatura Unesco alle Officine H, importante esempio di architettura olivettiana, poco più la e qualche tempo prima, alla Sala Cupola (di proprietà comunale), ubicata all’interno del complesso della Serra (altra eccellenza architettonica olivettiana) durante un concerto lirico, pioveva dentro ed il riscaldamento non funziona da anni. Bene quindi la candidatura Unesco ma non lasciamo che l’incuria ci porti via, pezzo dopo pezzo, parti importanti della nostra storia, della nostra terra, della nostra vita, di noi stessi.