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Lunedì, 04 Novembre 2013 12:18

Lo scioglilingua

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Il nuovo gioco di società delle prossime feste natalizie sarà ripetere tutte le sigle delle imposte e tributi, creati negli ultimi anni, in rapida sequenza e senza sbagliare. Chi sbaglia paga ovviamente, anche se, a giudicare dagli ultimi fatti di cronaca, non sempre ciò accade, soprattutto con i potenti.
Tarsu, Tares, Trise, Tari, Tasi, tricche, tracche … e mortaretti per i botti di fine anno.

E’ mai possibile che ad ogni cambio di governo i nuovi Ministri dell’economia debbano sconfessare quanto fatto dai loro predecessori con la promessa, finora mai mantenuta, di razionalizzare il prelievo tributario e di diminuire le tasse?
Ici e Tarsu, ormai, erano stati assorbiti e, anche se migliorabili, funzionavano abbastanza bene. Non sarebbe bastato rimodularli invece di inventarsi nuove e fantasiose riforme che, ancora prima di entrare in vigore, fanno già acqua da tutte le parti, oltre a far presagire un ulteriore pesante inasprimento del prelievo alle famiglie, alle imprese e ai commercianti?
I partiti però negli anni si sono attrezzati ed hanno imparato a rispondere a domande concrete, quelle che ogni padre di famiglia può concepire, con risposte retoriche e frasi fatte che, se facciamo un po’ di attenzione, non vogliono dire proprio nulla. Evidentemente se le studiano nelle “fumose stanze” e poi se le raccontano, se le scambiano e, sul tema della finanza pubblica, non c’è più destra né sinistra, la confusione e l’abulia politica sono assolutamente trasversali.
“Ce lo chiede l’Europa”. “E’ colpa della globalizzazione”. “I mercati richiedono competitività”. “Abbiamo un debito pubblico elevato”. “La crisi è congiunturale”. E si potrebbe andare avanti all’infinito. Ma la politica, invece di usare questi presunti problemi come causa di tutti i mali, non dovrebbe risolverli? Non è nata per questo? I problemi li vediamo anche noi, loro provino a risoverli.
Ci si trincera dietro la complessità del mondo moderno, dietro oscure manovre geo-politiche che un comune cittadino non può capire (a detta loro) e si tralascia l’utilizzo del normalissimo buon senso.
Parlando degli ultimi Ministri dell’economia parliamo di professori universitari ed è questo forse l’aspetto più preoccupante. Quando serve coprire qualche buco di bilancio cosa fanno? Aumentano le tasse. Eppure è risaputo che un eccessivo aumento dell’imposizione fiscale innesca fenomeni recessivi che causano una contrazione dei consumi. Detto con il linguaggio dell’uomo della strada vuol dire che se tutto aumenta, ma il budget a disposizione rimane uguale, si comprano meno beni, limitandosi a quelli essenziali, e l’economia reale si inceppa.
L’aggravante a queste dissennate politiche è che invece di prendere risorse dove ancora ci sono ci si limita a spremere la massa badando alla quantità più che alla qualità del contribuente. Ultimo regalo del governo è il vergognoso sconto sulla super multa comminata alle società che gestiscono il gioco d’azzardo. Da una multa iniziale di 98 miliardi di euro si è passati ad una di 2,5 mld ulteriormente scontata, per fare cassa subito, a 600 milioni dei quali pare ne verranno pagati poco più di 300.
E fin qui abbiamo parlato di massimi sistemi, di ministeri e di palazzi romani ma a livello locale cosa succede? Esattamente la stessa cosa.
Grazie all’assenza assoluta di politiche pubbliche di medio termine capaci di dettare una linea programmatica su gestione del territorio, cultura, lavoro, welfare, pianificazione urbanistica, manutenzione del patrimonio immobiliare pubblico, istruzione e scuole, ecc., individuandone le coperture finanziarie, ci si muove a vista tra un piagnisteo per i tagli dello Stato o per l’onnipresente Patto di stabilità causa, pare, di tutti i mali e cosa si fa? Si aumentano le tasse e le tariffe. Ed ecco allora l’aumento su: rifiuti, trasporti pubblici, mense scolastiche e via discorrendo. Ma, come per le questioni nazionali anche per quelle locali vale la regola descritta sopra e cioè: se aumento troppo il costo di un servizio, meno utenti ne usufruiranno.
Due esempi nostrani concreti. Nel 2011 il costo della piscina comunale è aumentato del 25% ed ha portato ad un calo di utenti del 30%. Nel 2013, due soli anni dopo ecco un altro aumento del 20%. E’ facile presumere che ci sarà un altro analogo calo di utenza. Il buono mensa non si riesce più a pagare? Vorrà dire che i figli mangeranno a casa. L’evidenza empirica cosa ci dice: che ad un aumento di una tassa o del costo di un servizio non necessariamente corrisponde un aumento delle entrate. Possiamo, ad Ivrea, cercare una via nuova lasciandoci alle spalle una stagione partitocratica ormai giunta al capolinea e che ci ha portato sull’orlo del baratro?

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Francesco Comotto

Consigliere Comunale a Ivrea dal 2013.

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