Passa il tempo, ma l’abitudine della “casta”, di trattare i cittadini italiani come dei sudditi disposti ad assorbire qualunque scempiaggine, rimane sempre d’attualità.
Il governo del “faremo” non perde occasione per fare un virtuale passo avanti oggi e due indietro domani (in base a cosa decide il decadente) e così non riusciamo nemmeno ad avvicinarci al punto di partenza per una eventuale ripresa economica, arretrando quantomeno sul piano del welfare e della lotta alle disuguaglianze che sono due priorità assolute del momento.
Giova ricordare chi avrà i maggiori benefici da questa operazione: i più ricchi. Infatti i fabbricati “comuni” con una rendita catastale nella media, utilizzati come abitazione principale, godevano di una buona soglia di detrazione e quindi i loro proprietari non dovevano sborsare grosse cifre. Sarebbe bastato rimodulare l’imposta inserendo maggiori elementi di proporzionalità (maggior rendita catastale, maggiore imposta) e si sarebbe compiuta una operazione un po’ più equa.
Non serve un economista per capire che se tolgo una tassa, che è anche la maggiore entrata per gli enti locali: o la sostituisco con qualcos’altro o i Comuni fanno bancarotta, visto che con lo pseudo-federalismo, partorito per accontentare la Lega quando era al Governo, l’ICI prima e l’IMU poi, avrebbero dovuto diventare il sostentamento economico dei Comuni.
Ecco che il gioco delle tre carte entra in scena. IMU c’è, IMU non c’è. Si elimina la prima rata per l’abitazione principale e i terreni agricoli 2013, non tutta l’IMU come trionfalmente annunciato, si sposta la decisione sulla seconda rata a ottobre per poi sostituire il tutto, comprendendo anche la neonata Tares, al 2014 con la fantastica Service Tax. Quale sarà la base imponibile di questa nuova gabella nessuno ovviamente lo sa e molto probabilmente nei prossimi mesi non avremo nemmeno un governo in grado di elaborarla, ma ciò che è certo è che se i soldi non si prendono da una parte devono arrivare da un’altra. Se guardiamo al passato, anche quello più recente, l’impressione è che a dover rimettere mano al portafoglio saranno sempre i soliti, ai quali, tanto per rimanere su una scala locale, vengono oggi richiesti sacrifici. Ecco allora che le famiglie eporediesi cominciano ad accorgersi dell’aumento del costo delle rette scolastiche, della refezione, della piscina comunale, dei trasporti e in più dovranno sputare sangue per versare quella Tares che ora i nostri governanti pensano di cancellare cambiandole nome. Tutto questo nell’incertezza delle risorse perché, nonostante il nostro assessore al bilancio si dice tranquillo sul fatto che se toglieranno l’IMU ai Comuni arriveranno pari risorse sotto altra forma, il passato prossimo ci dice tutt’altra storia. Basta andare a vedere come i Comuni, sempre con il gioco delle tre carte, sono stati gabbati con le compensazioni per l’eliminazione dell’ICI prima casa. Certo che vedere l’Italia, paese di inventori, artisti e navigatori, ridursi ad avere una classe dirigente che governa con il gioco delle tre carte è una constatazione piuttosto desolante.