Una recente conferenza dei capigruppo consiliari ha espresso la piena condivisione da parte di tutte le forze, di maggioranza e minoranza, delle ragioni di opposizione al progetto e avviato la valutazione di iniziative utili a dar corpo al dissenso. Sorprendente e inatteso è per contro il sostegno al progetto di RFI reso in un’intervista a un giornale locale dai referenti dell’Associazione utenti della ferrovia e Legambiente.
La motivazione del parere favorevole da essi addotta è che «escludere dall'elettrificazione la galleria che attraversa Ivrea potrebbe condannarci all'utilizzo dei treni bimodali per sempre». E ciò con tutti i disagi legati ai limiti di capienza dei treni bimodali oggi in uso. Per contro con l’elettrificazione del tunnel si potrebbero rimettere in circolazione i “treni elettrici, quelli che avevamo fino a due anni fa perché a quelle locomotive possono essere agganciati anche sei vagoni”. È questa tuttavia una lettura molto restrittiva e per certi versi anacronistica in quanto legata a considerazioni sullo stato attuale dei materiabili rotabili che, nel panorama ferroviario italiano, sono invece in ininterrotta e formidabile evoluzione. Persino la composizione di treni con un’unica motrice trainante cinque o sei carrozze è infatti in corso di superamento, nell’ampio piano di rilancio del trasporto regionale avviato a partire dal 2019 dal Gruppo FS Italiane mirato al rinnovo dell’80% dell’intera flotta (con un investimento economico complessivo di circa 6 miliardi di euro per oltre 600 nuovi treni).
I nuovi treni regionali rispondono a esigenze diverse ma si tratta, rispetto al passato, di modelli tecnologicamente più avanzati e performanti. Grazie, per esempio, alla trazione distribuita – anziché a un’unica motrice – che riduce i consumi e evita scossoni nell'accelerazione e decelerazione. Con possibilità di mutamento di configurazione nelle diverse fasce orarie, utili a evitare in ore non di punta la movimentazione di treni lunghi semivuoti. O gradini mobili, facilitanti l’accesso dei viaggiatori disabili, e altre prestazioni e maggiori garanzie di sicurezza. Modelli tutti caratterizzati da composizioni modulari che possono essere rese multiple per incrementare la capacità (già i treni Rock possono essere oggi composti da 4, 5 o 6 casse). Treni, infine, con configurazioni esterne e interne utili a rispondere alle esigenze individuate dal committente regionale.
Fatta questa premessa si possono meglio comprendere le anomalie della committenza del nuovo materiale rotabile destinato alla linea Torino-Aosta. La preoccupazione per il disagio della rottura di carico ad Ivrea dei treni diretti ad Aosta ha infatti affrettato la committenza dei 5 treni bimodali, oggi disimpegnanti servizio diretto, che nonostante l’ingente costo di 47 milioni di euro comportano disagi gravi, a causa della loro ridotta capienza. Una semplice riflessione sui dati medi di affollamento avrebbe per contro consentito di valutare da subito soluzioni diverse. E questa doveva essere una forte ragione di intervento della Regione Piemonte, anche con eventuale partecipazione alla spesa per consentire composizioni più adeguate.
Pare poi che nemmeno questi recenti errori siano stati utili a suggerire scelte più sensate. Infatti il 26 maggio scorso, l’Assessore ai trasporti della Regione Valle d’Aosta ha riferito che a seguito d’interlocuzione con Trenitalia è stato assunto l’impegno all’acquisto di 4 treni trimodali Hitachi Blues, ma, attenzione, optando per il modello a tre casse che consente di raggiungere il numero massimo di 389 posti. Mentre Hitachi fornisce oggi anche modelli a quattro casse con capacità totale di 530 posti (ovvero 200 in più dei bimodali rossi oggi in esercizio). Come riepilogato nel seguente prospetto:
- Bimodali FLIRT 3 (attualmente in esercizio):
posti a sedere 175, posti in piedi 154: tot. 329 - Treni Hitachi Blues
configurazione corta: posti seduti 224, posti in piedi 165: tot. 389
configurazione lunga: posti seduti 306, posti in piedi 224: tot. 530
Inoltre sfugge alla comprensione la ragione dei treni trimodali Blues quando è in corso un progetto di elettrificazione globale. Mentre avrebbe senso se, come da noi auspicato, non ci fossero gli impattanti interventi di allargamento del tunnel di Ivrea.
Altro aspetto paradossale della vicenda è che la Valle d’Aosta ha operato una scelta che si ritorce soprattutto sugli utenti canavesani, considerando che per almeno tre anni la tratta Ivrea-Aosta non sarà agibile per i lavori di elettrificazione. E in questo scenario appare ancora più colpevole la latitanza della Regione Piemonte. Inoltre il paventato rischio di essere «condannati per sempre» all'utilizzo di treni di limitata capienza potrebbe sussistere persino dopo l’elettrificazione totale della linea perché è difficile credere alla rinuncia di lunghi tempi di ammortamento dei costi sostenuti per le due forniture di nuovi treni.
In conclusione: come già espresso nel precedente articolo il primo problema della linea Torino-Ivrea è il binario unico che, per limite di tracce, impedisce di istituire nelle ore di punta servizi supplementari tra Torino e Ivrea. Tuttavia, nella situazione presente, è parimenti importante la disponibilità di materiali rotabili utili a mitigare le criticità di un servizio pubblico per troppo tempo trascurato. E nell’oggi non abbiamo né l’una né l’altra cosa.
Beppe Gillio per Viviamo Ivrea