Con le ultime aperture governative siamo quasi arrivati al “liberi tutti”, ma la situazione generale non pare migliorata, anzi, sembra pure peggiorata ammesso che non si fosse ancora toccato il fondo. Le auto e i camion sono tornate ad intasare e inquinare le città, alcune aziende non hanno riassorbito il personale in esubero durante lo stop della produzione, artisti e operatori della cultura non vedono una via d’uscita, lo sport dilettantistico e amatoriale è fermo al palo, le piccole strutture alberghiere e di ristorazione, che non hanno spazi sufficienti per il distanziamento sociale, non riescono a riaprire, mascherine e guanti monouso vengono gettati sui prati e nei boschi da una minoranza di irresponsabili.
Volendo intravedere qualche segnale di speranza possiamo sottolineare che la riapertura nell’immediato è stata gestita da quegli stessi poteri economici e politici che sono la causa dei mali del mondo perché la società civile, il mondo dell’associazionismo e del volontariato sono ancora oggetto di restrizioni che bloccano, di fatto, ogni attività partecipativa e di critica ad un sistema che era già sul punto di esplodere prima del virus. Il confinamento differenziato, secondo regole non sempre chiare ed esplicite, tende a limitare l’attività dei cittadini, delle minoranze, dei soggetti più deboli.
Prendiamo ad esempio il divieto di riunirsi con la motivazione di non creare assembramenti. Da oltre quattro mesi i consigli comunali e le commissioni consiliari non si possono svolgere in presenza, ma solo tramite video conferenze dove il dibattito è completamente falsato e depotenziato come avrà potuto riscontrare chiunque abbia avuto modo di assistere agli ultimi due consigli comunali eporediesi. Peggio ancora succede con le commissioni consiliari nelle quali si dovrebbero analizzare documenti, cartografie, progetti, analisi, studi limitandosi a qualche veloce schermata, spesso illeggibile soprattutto per chi è collegato con un telefonino. Da alcune settimane, se non mesi, chiediamo di poter svolgere almeno le commissioni in presenza, pur nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, ma non ci è ancora pervenuta alcuna risposta nonostante ci sia l’obbligo di legge per la P.A. di rispondere alle istanze poste.
Andando verso un livello più generale emergono delle incongruenze incomprensibili che andrebbero immediatamente risolte, soprattutto per ciò che riguarda il settore pubblico. Prendiamo ad esempio l’Agenzia delle Entrate. Nonostante abbiano ormai aperto a tempo pieno tutte le attività: dalle parrucchiere alle pizzerie, dai cantieri edili ai centri estetici, ingegnandosi e dovendo sopportare ingenti costi di adeguamento, gli uffici del fisco sono aperti al pubblico solo due mezze giornate la settimana. Qualcuno evocherà la magica modalità dello smart working e allora provi a telefonare ai numeri verdi dell’Agenzia. Oltre a non ricevere nessuna risposta da un essere umano in diretta scoprirà anche l’odiosa trovata di troncare la telefonata dopo 5 minuti di tiritera del risponditore automatico con la scusa che gli operatori sono impegnati. Una volta almeno mettevano “in attesa” ed uno si armava di santa pazienza ed aspettava il suo turno, ora nemmeno più quello, ti posano il telefono in faccia. Tutto questo crea ovviamente code interminabili fuori dagli uffici con il distanziamento sociale difficilmente rispettabile. Questo comportamento a cosa è dovuto? A salvaguardare la salute dei dipendenti a giorni alterni? Il genio che ha deciso questo tipo di apertura ci potrebbe spiegare la differenza di pericolosità tra l’offrire un servizio pubblico in piena sicurezza per lavoratori e utenti, riparati da mascherina, guanti e barriera anti droplet, e il frequentare un supermercato dove tutti toccano tutto e inevitabilmente si incrociano clienti a tiro di starnuto?
La riapertura tanto attesa è arrivata e la politica dovrà essere molto, molto attenta a non sprecare l’occasione anche alla luce delle ingenti risorse che la tanto vituperata Europa ci mette a disposizione. Ma per poter dare vita ad una vera rinascita si dovrà necessariamente partire dallo Stato, da una modifica radicale della mentalità di un apparato ingessato e clientelare sia esso politico o tecnico. La burocrazia è necessaria, ma non può diventare un’arma con la quale il funzionario di turno blocca ogni iniziativa indipendentemente dalla bontà della stessa. I dipendenti pubblici e i politici dovrebbero essere a disposizione dei cittadini, non in contrapposizione, e in tutta trasparenza attivare con loro un rapporto di fiducia reciproca abbattendo quelle barriere che oggi vedono il pubblico e il privato su sponde diverse. Ovviamente non si può generalizzare e ci sono, per fortuna, migliaia di lavoratori pubblici che già agiscono in questo modo, ma spesso non vengono messi nelle condizioni di poter operare al meglio perché al sistema fa comodo mantenere questa distanza.
Una vera ripresa dovrà passare da una cesura con vecchie abitudini ormai anacronistiche e questo vale sia per la politica nazionale e internazionale, ma anche per quella locale. Il tema del cambiamento climatico dovrà tornare immediatamente in agenda e ogni decisione che si andrà a prendere da qui in avanti dovrà avere una verifica di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. La politica dovrà riappropriarsi del primato sull’economia mettendo in cima alla piramide la vita e il benessere dei cittadini, tutti nessuno escluso, e almeno questo Covid19 dovrebbe avercelo insegnato anche se guardando, giusto per fare un esempio tra i tanti, come si sta subdolamente sviluppando ed espandendo la tecnologia 5G, senza nessuna certezza sulla non dannosità per l’uomo e per l’ambiente, la lezione parrebbe non essere servita.
Sullo strapotere di pochi citiamo le profetiche parole di Antonio Cederna scritte nel 1961 sulla rivista Casabella: “La lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro paese è la lotta stessa per l’affermazione della nostra dignità di cittadini, la lotta per il progresso e la coscienza civica contro la provocazione permanente di pochi privilegiati onnipotenti”.