Le piccole e medie imprese, che sono sempre state, al netto della Olivetti, il traino di un territorio laborioso, creativo, capace di innovare, solidale, rispettoso dei diritti dei lavoratori, sono in crisi da tempo. La politica invece di cercare di invertire la tendenza si gira dall’altra parte lasciando in mano alle grande imprese, soprattutto delle telecomunicazioni, una sorta di delega alle politiche del lavoro che ovviamente queste gestiscono per massimizzare i propri profitti e non certo per elevare lo status economico e sociale dell’eporediese. La nostra forza è sempre stata quella di saper fare squadra, di cooperare, di progettare, di condividere conoscenza e innovazione in nome di quella grande strada verso uno sviluppo equo e sostenibile tracciata da quel grande innovatore sociale che è stato Adriano Olivetti, prematuramente morto in condizioni ancora oggi avvolte dal mistero. L’Ingegnere, come lo chiamavano tutti i suoi dipendenti, dall’operaio semplice al dirigente, era un personaggio scomodo che non ha mai avuto l’appoggio della politica che conta perché il suo messaggio era dirompente, puro, trasparente, fortemente incentrato sul bene della collettività e non sul mero interesse personale.
Come molti sanno non fu soltanto un grande imprenditore che trasformò l’azienda creata dal padre Camillo in un esempio mondiale di modello industriale che metteva al primo posto l’uomo, il lavoratore, e non il profitto fine a sé stesso, ma fu anche un grande esperto di Politica, quella con la P maiuscola, tanto da scrivere un corposo testo di riforma dell’allora giovane Repubblica individuando nei partiti, già in quell’epoca, uno dei maggiori limiti allo sviluppo democratico della Nazione. Purtroppo il suo messaggio, troppo avanzato per quei tempi, non è stato ascoltato anche se sarebbe attualissimo pure oggi dove la politica, a tutti i livelli, si è ridotta ad una sterile guerra tra partiti, o peggio tra i loro leader, ai quali del bene comune e del benessere dei cittadini interessa poco o nulla. Il dibattito pubblico, cuore della vera politica, sta a zero.
Questa deriva della politica nazionale, per il principio dei vasi comunicanti, si è poi trasferita poco alla volta nelle istituzioni minori: alle regioni, alle province fino ad ammorbare anche i comuni, almeno quelli di maggior dimensione demografica. Ed è così che anche problemi di livello locale si sono trasformati in battaglie ideologiche manifestando sempre di più l’incapacità di dare vita a un dibattito pubblico imperniato sul bene comune e sull’interesse collettivo.
Per chiudere su questo tema con un esempio di casa nostra prendiamo la triste vicenda del Movicentro e della cooperativa ZAC che da sei anni a questa parte gestisce quell’edificio in forza di un regolare contratto stipulato con il Comune di Ivrea che ne è il legittimo proprietario, di fatto, in forza di un Accordo di Programma stipulato tra la Regione Piemonte, Ferrovie dello Stato, ora RFI, e la Città di Ivrea. In quell’accordo tra enti pubblici è sancita la disponibilità del bene tanto che su terreni precedentemente occupati da binari morti è stato edificato il Movicentro per un costo di circa 6 milioni di euro di soldi pubblici, 1,5 dei quali messi a disposizione dal Comune. Non stiamo qui a ripetere quanto di buono la cooperativa ZAC, che oggi peraltro dà lavoro a 12 persone, ha fatto in quel luogo trasformandolo da un’area non presidiata, nelle mani di micro delinquenza e spaccio, in uno spazio, frequentato da molti giovani, di socializzazione e divulgazione dei temi che caratterizzano la società.
Gestione che rispecchia chiaramente una “visione del mondo”, come si usa dire in termini sociologici, basata su valori quali la solidarietà, il rispetto per l’ambiente, forme di economia non predatoria, sostegno alle fasce deboli e via discorrendo. Tutti temi che una volta stavano a cuore di quella parte politica progressista che si posizionava più “a sinistra” e dicendo questo non diciamo nulla che già non si conosce. E’ legittimo che possa esserci una parte della società, di estrazione più conservatrice e quindi politicamente posizionata più “a destra”, che questi valori non li riconosce preferendone altri.
A nostro modo di vedere il problema Movicentro oggi sta tutto qui senza il bisogno di mettere in piedi una strumentale e forsennata ricerca al cavillo, come sta facendo da mesi la Giunta, che possa mettere in discussione da un punto di vista tecnico-formale e non politico l’attuale gestione. E’ infatti risaputo, anche se non detto esplicitamente, che alla Lega eporediese questa gestione non piace e, come detto in precedenza, in un Paese civile e democratico questo è legittimo. Ma in tutti i mesi passati dalla scadenza del contratto mai che sia arrivata da chi oggi governa la città una proposta alternativa, una richiesta di discussione pubblica sulla gestione attuale che da contratto si sarebbe potuta rinnovare di altri sei anni. In un Paese civile e democratico si sarebbe dato vita ad un dibattito trasparente e franco su quanto fatto fino ad oggi dalla coop. ZAC senza dimenticare eventuali criticità o problematiche. Si sarebbero messi sul tavolo elementi positivi e negativi individuando i necessari correttivi per poter procedere alla proroga oppure si sarebbe potuto decidere di cambiare rotta mettendoci però la faccia e sulla base di un progetto alternativo che ovviamente non c’è. Se è incomprensibile dover assistere a questo modo di fare politica a livello nazionale, a livello locale ciò è insopportabile. Se la politica, anche a livello locale, non è più in grado di progettare, proporre, costruire, ma si limita a distruggere per “partito preso”, la speranza di un futuro migliore nel quale far crescere le nuove generazioni si fa sempre più flebile e noi tutti, cittadini del mondo, questo non lo possiamo permettere.