La grande fabbrica alimentava e sostanziava tutta l’area dell’eporediese e non solo avendo uffici, stabilimenti e negozi in tutta Italia e in tutto il mondo.
Questo ha fatto sì che non si sentisse la necessità di formare una classe dirigente capace di guardare al futuro con una visione imprenditoriale innovativa in grado di muoversi in autonomia. Non siamo comunque in un deserto e negli anni sono nate imprese, iniziative, start up di altissimo livello che oggi però faticano ad essere competitive a livello globale. Abbiamo così vissuto negli ultimi decenni chiusure o acquisizioni di aziende magari leader nel loro settore, ma fragili in un contesto internazionale fortemente finanziarizzato dove competenze, know how, risorse umane sono diventate semplice merce di scambio come una qualsiasi materia prima. Non era certo questa l’idea di impresa, basata sull’uomo e sull’economia civile, che aveva Adriano Olivetti.
Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra tutto questo con un corsa nei sentieri che attraversano i boschi e le vigne delle nostre colline, ma in questa manifestazione sportiva ci sono elementi che ci possono indicare scenari possibili per una rinascita.
Il primo punto sul quale serve meditare è la necessità di una visione di insieme o di comunità che sappia almeno guardare a quella zona omogenea che corrisponde grosso modo all’area compresa all’interno dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea nella quale si trovano ben 58 comuni. In un’ottica di competizione globale continuare a ragionare per il proprio orticello non ci porterà da nessuna parte soprattutto contando che la stragrande maggioranza di questi 58 comuni conta meno di mille abitanti: più o meno gli inquilini di un grande palazzo o di un piccolo quartiere di Torino. Serve innanzi tutto che gli amministratori pubblici in primis, ma anche tutti gli stakeholders presenti comincino a parlarsi mettendo da parte confini e steccati mentali legati ad una micro-suddivisione geografica e amministrativa che nelle dinamiche del mondo attuale è sconfitta in partenza.
Quindi dal punto di vista istituzionale cominciamo a ragionare, come finalmente si comincia a fare, sulle fusioni, ma è necessario, contemporaneamente, fare dei passi avanti verso la cooperazione e la condivisione per dare vita ad un processo culturale capace di portarci fuori dalle secche di una visione ormai anacronistica di una Pubblica Amministrazione rinchiusa su sé stessa e avulsa dal contesto socio economico reale. Non si parla di iniziative complesse e irraggiungibili, ma di una semplice apertura verso l’altro a partire dai nostri vicini di casa. Per tornare alla corsa e alle sue criticità infatti è triste evidenziare il disinteresse, che a volte diventa addirittura un fastidio, dei singoli comuni, circa una quarantina, attraversati dalla gara che nella quasi totalità non si prestano nemmeno per pulire i pochi km di percorso che attraversa il loro territorio. In altri regioni europee occasioni come queste diventano eccezionali momenti di aggregazione e strumenti di promozione territoriale che aiutano proprio a riscoprire quell’identità perduta di cui si parlava in precedenza. E questo vale non solo per il Morenic Trail, ma anche per quelle eccellenze sportive o artistiche, le competizioni allo Stadio della canoa, l’Ivrea-Mombarone e l’Open Jazz tanto per citarne alcune, che attirano a Ivrea e dintorni centinaia di persone da tutto il mondo. Si tratta di manifestazioni di interesse internazionale che per avere un futuro dovranno però diventare patrimonio comune di un territorio che dovrà fare un salto di qualità ragionando in termini di area vasta e non più di campanile.
Si potrebbe parlare per ore delle peculiarità, delle eccellenze e delle potenzialità dell’Anfiteatro Morenico, inteso anche, in prospettiva, come unica entità amministrativa, ma dobbiamo chiudere e lo facciamo con un’altra suggestione che ci arriva dal mondo dell’outdoor, sia esso quello del podismo, del nordic walking, dell’escursionismo, dello sci, del triathlon, del torrentismo, delle ciaspolate, delle arrampicate, della canoa fluviale e lacustre, del parapendio, dell’equitazione e via discorrendo.
Tutte attività a costi relativamente bassi e a impatto ambientale quasi nullo che oltre a far bene alla salute consentono, anche a noi qui residenti oltre che a potenziali turisti o sportivi provenienti da fuori zona, di ammirare e conoscere la vera ricchezza che abbiamo sotto i piedi e davanti agli occhi, ma che non riusciamo ad apprezzare e valorizzare quanto merita: un territorio di eccezionale bellezza dal punto di vista geomorfologico, naturalistico, paesaggistico, storico-architettonico, enogastronomico, artistico e con tradizioni secolari di assoluto rilievo.
Fatte queste premesse sta a noi decidere quale futuro vogliamo per noi, per le nuove generazioni, per la nostra città, che dovrebbe svolgere un importante e necessario ruolo di traino e di coordinamento, e per tutto il territorio. Vogliamo guardare avanti o rimanere ancorati ad un passato che ci ha insegnato molto, ma che non c’è più e che non potrà più tornare, senza contrastare un declino che oggi pare inarrestabile? Oggi tocca a noi e sarebbe un suicidio non provarci.