Nell'ultimo Consiglio Comunale del 14 marzo scorso, svoltosi dopo ben tre mesi da quello precedente e chiuso dopo una seduta fiume verso le tre del mattino, è stato approvato il primo bilancio preventivo della nuova amministrazione. E' evidente che prendere in mano la situazione gestionale e contabile lasciata dalla conformazione politica che ha governato negli ultimi decenni non è cosa semplice. A maggior ragione se nella nuova maggioranza e nell'esecutivo pochi sono i soggetti che hanno avuto un'esperienza di amministrazione pubblica. C'è stato certamente l'impegno a voler comprendere e questo può in parte giustificare il lungo lasso di tempo intercorso dall'ultima assise di dicembre però, come abbiamo evidenziato in aula, questa situazione di stallo istituzionale non si dovrà più ripetere anche perché oltre il bilancio molti altri sono gli argomenti di competenza del Consiglio Comunale che non possono rimanere in un cassetto per troppo tempo.
La sentenza della Corte d’Appello di Bologna che ha dimezzato la pena, da 30 a 16 anni, all’omicida, ex compagno da poco più di un mese, di Olga Matei ci sbatte per l’ennesima volta in faccia il livello di imbarbarimento della società del terzo millennio. Tutti abbiamo letto che l’attenuazione della pena è stata giustificata dal giudice per il fatto che si è trattato di una “tempesta emotiva” determinata dalla gelosia. Ciò che sconvolge è che questa aberrazione non è uscita da quattro chiacchiere al bar, ma dall’aula di un Tribunale della Repubblica.
E’ anche vero che viviamo in un Paese dove fino al 1981 vigevano le disposizioni sul “delitto d’onore”, con l’art. 587 del Codice Penale che recitava: “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni”, una pena irrisoria per chi commette un omicidio.
Il testo che segue è la sintesi, talvolta anche impietosa , delle innumerevoli idee nate dall’incontro e il confronto di oltre settanta cittadini che, nell’arco di alcuni mesi, si sono trovati per esprimere i bisogni, le fragilità, le debolezze e anche i sogni per la rinascita dell’eporediese motivati da un solo sentimento centrale: l’amore per Ivrea, la città che amano e vivono. Le prime linee programmatiche sono state portate nei quartieri e con l’aiuto dei cittadini sono state integrate e migliorate grazie all’ascolto dei problemi proposti da chi li vive in prima persona.
MANIFESTO per una CITTA' NUOVA
Viviamo oggi in una società complessa nella quale i bisogni e le sollecitazioni, provenienti da una società cangiante e sempre più multietnica, si moltiplicano mettendo a dura prova istituzioni e modalità di fare politica non più in linea con i tempi essendo rimaste ancorate a rigide liturgie ormai anacronistiche e divenute incapaci di affrontare le sfide che inevitabilmente ci troveremo ad affrontare nel futuro prossimo.