L’ultimo Consiglio Comunale ha messo in luce la confusione e la scarsa capacità di programmazione dell’attuale maggioranza, già a partire dall’ordine del giorno che annoverava ben 17 punti da portare in discussione.
Questa frase latina, attribuita a Cicerone, viene utilizzata per lamentare la difficoltà e la bruttezza di un periodo storico e bene si adatta al tempo che stiamo vivendo. A dirla tutta la frase completa è più lunga e recita: “Mala tempora currunt sed peiora parantur” che letteralmente vuol dire: “Corrono brutti tempi, ma se ne preparano di peggiori” e questa versione più ampia si adatta ancora meglio alla situazione che ci troviamo a vivere da circa un anno.
Se ci avessero detto a fine 2019 che da lì a poco un virus, trasmesso agli uomini dai pipistrelli, avrebbe messo in ginocchio l’intera popolazione mondiale avremmo probabilmente pensato all’ennesima sparata di qualche pazzo visionario in cerca di notorietà.
Il Consiglio Comunale può essere paragonato a uno specchio che riflette l’andamento di un’Amministrazione. Dovrebbe essere il luogo principale nel quale si prendono le decisioni più importanti che riguardano la vita della città perché si tratta dell’organismo istituzionale più vicino ai cittadini che in questa sede vengono rappresentati dai consiglieri eletti, siano essi di maggioranza che di minoranza. Trattandosi di un’assemblea sono fondamentali la qualità e la trasversalità del dibattito che si possono ottenere solamente se esiste una gestione trasparente, condivisa, partecipata da tutte le forze politiche e rispettosa delle regole.
Un segno della vivacità e dell’intraprendenza di un’Amministrazione si vede in primo luogo dalla frequenza con la quale i consigli comunali si svolgono e l’attuale maggioranza proprio non eccelle da questo punto di vista. La pandemia ci avrà anche messo del suo però è significativo che da un anno a questa parte il Consiglio si sia riunito in presenza solamente una volta. Chi ha avuto modo di assistere alla versione in chat tramite una connessione internet avrà potuto riscontrare le difficoltà di gestione e la conseguente bassa qualità del dibattito. Nei mesi scorsi abbiamo presentato diverse richieste per poter svolgere, in tutta sicurezza per funzionari e consiglieri, le sedute in presenza nell’apposita sala municipale oppure per cercare una sede alternativa temporanea fino alla fine della pandemia che, purtroppo, non sarà a breve termine. Ad ogni richiesta abbiamo ottenuto la solita risposta retorica sul fatto che in Municipio non si può fare, nonostante in molti comuni simili a Ivrea si svolgano da tempo grazie a banali e ormai stra-conosciuti accorgimenti. Mentre per ciò che riguarda una sede alternativa sono state considerate diverse ipotesi, ma nessuna mai ottimale a detta della maggioranza. Sul perché il Consiglio Comunale non si possa ad esempio svolgere presso un’aula del Polo infermieristico di proprietà del Comune, che ha tutte le caratteristiche per garantire il distanziamento e la dotazione tecnologica e informatica necessarie, ci viene detto che è una questione di costi per le riprese video quando sappiamo che oggi con un normale telefonino cellulare è possibile riprendere con buona qualità tutto ciò che si vuole. Passi che dopo i primi mesi di pandemia ci fossero poche certezze e si sapesse ancora poco sulle cause di trasmissione del virus, ma oggi se ci fosse la vera volontà di svolgere il Consiglio Comunale e le Commissioni consiliari in presenza si potrebbe tranquillamente procedere garantendo la massima sicurezza per tutti.
Detto questo nel Consiglio Comunale che si è svolto lo scorso 3 marzo è emersa in tutta chiarezza la linea politica dell’attuale esecutivo e della maggioranza che lo supporta. Nonostante tutte le promesse di cambiamento rispetto al passato, di una migliore gestione collegiale e ritenendosi ormai autosufficienti è stato innalzato un muro nei confronti della minoranza. La modalità è semplice e ormai molto chiara. In tutte le proposte avanzate dai gruppi di minoranza, nonostante contengano sempre una parte propositiva, si cercano, a priori, dei cavilli e si danno interpretazioni capziose e fuorvianti di quanto scritto con motivazioni a volte imbarazzanti per superficialità e scostamento dalla realtà.
La posizione della maggioranza viene decisa, spesso in maniera ideologica, nei giorni precedenti il Consiglio Comunale così che il dibattito in aula si rivela, nella maggior parte dei casi, assolutamente inutile anche di fronte a proposte che non hanno alcuna accezione polemica o di parte.
Sotto la scure di questa modalità sono così cadute ad esempio le mozioni della minoranza sui vassoi e le stoviglie di plastica usa e getta nelle mense scolastiche, quella sull’istituzione di un “ufficio covid” che andasse incontro al disorientamento dei cittadini in questa delicata fase pandemica e quella sulla proposta per uscire dall’impasse sulla questione del Movicentro.
Chi ha avuto la pazienza di seguire il Consiglio Comunale, terminato all’1,30 di notte, avrà avuto modo di ascoltare con le sue orecchie le motivazioni che hanno determinato le “bocciature”, basate spesso su laconici “pizzini” scritti nei giorni precedenti senza ovviamente poter conoscere le argomentazioni apportate nel dibattito in aula. Alla faccia del confronto democratico.
In quest’ultima assise si è poi aggiunta una questione inedita fino ad oggi nel parlamentino eporediese e cioè la partecipazione a sorpresa, né prevista, né formalmente comunicata ai consiglieri, di funzionari dell’Ufficio Tecnico le cui esternazioni, ovviamente opinabili e confutabili, hanno fornito una scusa al voto contrario da parte della maggioranza alla mozione sul Movicentro presentata dall’intera minoranza. La cosa grave è che si è voluta mettere su un piano di presunta illegittimità, tutta da dimostrare, la proposta della minoranza effettuata tramite una mozione che è un atto del Consiglio che non necessita di un parere tecnico preventivo. Per l’acquisizione di pareri tecnici su determinati argomenti esistono infatti le Commissioni consiliari e la Conferenza dei Capigruppo ed inoltre sono le Delibere portate in approvazione a necessitare dell’apposito visto di regolarità tecnica, non certo le mozioni. La decisione che si sarebbe dovuta prendere era quindi esclusivamente politica demandando ad un secondo tempo le opportune verifiche da parte degli uffici proposti.
Quanto accaduto apre degli scenari nuovi che non fanno presagire nulla di buono. Se la politica non è in grado di prendere delle decisioni, possibilmente tramite un dibattito democratico, non si può sopperire con blitz di tecnici, funzionari e costosi consulenti esterni, soprattutto se a sorpresa nel corso di un dibattito in Consiglio Comunale.
La settimana scorsa scrivevamo che in un prossimo Consiglio Comunale, ancora da convocarsi, sarebbero state portate mozioni accumulatesi nel tempo e mai discusse nonostante i temi trattati fossero di stretta attualità. Ne abbiamo citate due come quella sui vassoi e stoviglie usa e getta delle mense scolastiche e quella sull’istituzione di un ufficio covid per andare incontro alle esigenze della popolazione alla luce della confusione e disorganizzazione che caratterizzano questa fase della pandemia.
Nell’ultimo Consiglio Comunale del primo febbraio, in videoconferenza, non sono state trattate tutte le mozioni presentate dalla minoranza: per questione di tempo, è stato detto, e in ottemperanza al Regolamento del Consiglio Comunale. Non è la prima volta che ciò accade e il Presidente del Consiglio ha detto in aula che avrebbe convocato a breve un nuovo Consiglio per smaltire l’arretrato anche perché alcune delle mozioni e interpellanze presentate sono/erano di stretta attualità. Ad oggi non è stato ancora fatto nulla, ma circola la data del 4 marzo. Se sarà così, sarà passato più di un mese dal precedente Consiglio per cui per l’ennesima volta vengono sminuite e svilite le istanze della minoranza, comprese quelle più urgenti.
Sulla vicenda della gestione del Movicentro si sono sentite negli ultimi mesi una serie di prese di posizione, spesso inesatte e tendenziose, che hanno fatto montare un caso inesistente da parte della Giunta eporediese con il solo fine di mettere il bastone in mezzo alle ruote del rinnovo del contratto alla cooperativa sociale ZAC. Cooperativa che nei sei anni di attività, a fronte di un legittimo contratto di comodato d’uso, ha dato vita ad una moltitudine di iniziative in campo sociale, soprattutto a favore dei giovani, animando e facendo rivivere un luogo abbandonato a sé stesso e diventato terreno fertile per la micro-deliquenza locale.
La settimana scorsa abbiamo parlato dell’insoddisfacente gestione, da parte dell’attuale esecutivo e della maggioranza che lo appoggia, delle istituzioni comunali a partire dal Consiglio Comunale fino ad arrivare alla Conferenza dei capigruppo e alle Commissioni consiliari. Non esiste un dibattito politico e nemmeno un dibattito pubblico almeno sui temi più importanti che interessano la vita della città e nel frattempo i problemi non risolti si sommano e si accumulano facendoci scivolare verso un declino territoriale sempre più marcato e preoccupante.
Quando sarà uscito il giornale di questa settimana (martedì) si sarà già svolto il Consiglio Comunale del primo febbraio (lunedì). Speriamo di venire smentiti, ma la speranza di assistere finalmente ad un “vero” dibattito consigliare si sta riducendo, col trascorrere del tempo, ad una flebile fiammella.
Nelle due settimane precedenti abbiamo affrontato il tema delle “partecipate” del Comune. Si tratta certamente di una problematica che non attira più di tanto i lettori però se si presta un po’ di attenzione al tema si potrà notare quanto sarebbe necessaria una profonda riforma della materia basata sulla massima trasparenza e pubblicità dei contenuti, merce rara nella politica, di tutti gli schieramenti, degli ultimi decenni.
La settimana scorsa abbiamo affrontato, in termini generali, la questione di quegli enti pubblici o pubblici/privati che spesso sono sinonimo di poca trasparenza e di scarsa chiarezza. Parliamo di società pubbliche o miste, fondazioni, consorzi e di tutte quelle forme associative nelle quali la Pubblica Amministrazione ha una forma di partecipazione e, di conseguenza, di controllo.
In Italia nel corso dei decenni si è molto sfumato il concetto di Stato inteso come quella organizzazione, imperniata sul bene comune, in grado di rendere più equa e giusta la società. L’interesse della collettività si è sempre più spostato verso l’interesse privato e la politica poco o nulla ha fatto per contrastare questo fenomeno. Un’interpretazione dell’economia basata esclusivamente sul mero profitto, senza considerare gli effetti sociali che ciò avrebbe potuto comportare, ha fatto il resto.
Il 2020 rimarrà un anno difficile da dimenticare per una pandemia che non si è ancora riusciti a sconfiggere a livello globale nonostante l’impegno profuso dall’intero mondo scientifico internazionale. In tutti questi mesi il grande assente è stato certamente la politica che invece di seguire l’esempio di apertura e collaborazione del mondo scientifico ha preferito rinchiudersi in sé stessa. A partire da nazionalismi e regionalismi vari fino ad arrivare agli enti locali nei quali, in pratica, da febbraio non c’è più stato un dibattito e un confronto condiviso e democratico sul da farsi.
Da tempo lamentiamo la mancanza di un confronto reale e in presenza per discutere delle problematiche che caratterizzano la nostra quotidianità. Il modo in cui la politica, quella che conta, sta gestendo questa delicata fase porge il fianco a facili critiche per l’elevato grado di incertezza nel quale ogni cittadino si deve muovere.